AMARGINE

Bastonate A Margine. Pink Floyd, l’inquilino del piano di sopra

MAD. – Oggi esce il disco dei Pink Floyd. Ho delle domande per te, sei pronto? Eccole. Che ci fanno i loro dischi sempre in classifica? Piacciono davvero a tutti? Perché dal 1979 a oggi un disco solista di Gilmour o un disco solista di Waters, se gli metti su il nome “Pink Floyd”, si carica di suggestioni irresistibili e vende il centosettantanovuplo del normale? Che suggestioni sono? Perché non ci suggestionano a noi due schifosi?
FAR. – Mi sai dire qual è stato il tuo primo contatto con i Pink Floyd?

MAD. – Questa è un’altra domanda.
FAR. – E questa è la mia risposta. Andavo ai boyscout, ero novizio (reparto terrestri, squadriglia Castori, Cesena terzo, per gli standard cesenati era il gruppo scout più hardcore in assoluto); il mio caposquadriglia si chiamava Alessandro e a un certo punto divenne ufficiale la sua partecipazione al concerto dei Floyd a Venezia.

MAD. – Quello agratis, dei saccopelisti e dei Pitura Freska.
FAR. – C’era un sacco di movimento, la TV ne parlava per questioni di volume e permessi e sicurezza, era la prima volta che sentivo la parola DECIBEL (che se ci pensi, venire introdotto a una questione tecnica legata alla musica con i Pink Floyd è un matrimonio in paradiso). Dicono che a Venezia ci fossero duecentomila persone. Tornò dal concerto molto tiepido, almeno rispetto all’attesa che aveva montato.

MAD. – Ho dato un’occhiata al concerto su YouTube, è solenne e sgonfio come la messa su ReteQuattro. Suonarono tutto il disco di Gilmour – pardon, Delicate Sound Eccetera. Più qualche pezzo dei più maestosi. 
FAR. – Comunque il tipo aveva un souvenir: la maglietta con l’immagine della copertina di Delicate Sound of Thunder, una stampa terribile di plasticone taroccato e probabilmente cancerogeno. Non ha mai portato cassette da ascoltare, e quindi il mio contatto con i Pink Floyd era legato soltanto a racconti di seconda mano. Per un sacco di tempo, dei Pink Floyd, avevo ascoltato solo The Wall perchè passava per radio e TV ed era impossibile non ascoltarla.

MAD. – Pensandoci, è quasi irripetibile: il disco più depresso e paranoico della Storia, mandato ad libitum dai media. Devono esser stati realmente strani, gli anni Settanta.
FAR. – Poi li ho ascoltati approfonditamente più avanti, al liceo, senza trovarlì nè incredibili nè ripugnanti. Conosco un tizio che possiede sei o sette edizioni diverse di Dark Side of the Moon, a fronte di una discografia di forse trenta pezzi totali. Da questo punto di vista, è semplicemente il gruppo più distante dalle mie abitudini che io conosca.

MAD. – Comunque io ti chiedo dei Pink Floyd, tu mi parli di te. Non dovremmo invece parlare delle masse? Delle maree montanti di devoti che come i Testimoni di Geova fanno proselitismo, e ogni singola settimana del 2014 (e del 2013, 2012, 2011) regalano The dark side of the moon al figlio o al compagno di liceo, come a iniziarlo a uno stadio più elevato di comprensione della musica e della realtà?
(dico così perché non ho aneddoti interessanti sui Pink Floyd) (però da ragazzino andai a vedere The Wall al cinema, e fui molto impressionato) (è in quella fase, credo, che i Pink Floyd arrivano nella vita delle persone) (anzi, no, ora che ci penso, HO qualcosa di personale ed emblematico da raccontare sui Pink Floyd) (vuoi che te ne parli?) (oppure adesso che tocca a me vuoi di punto in bianco fare critica musicale?) 
FAR. – Secondo me è necessario quantificare le masse. Quanti sono quelli che comprano i dischi? Chi sono? Se l’ufficio stampa dei Pink Floyd italiano avesse un budget di diecimila euro l’anno da spendere in dischi che verranno comprati in posti chiave, riuscirebbe a truffare le classifiche FIMI?

MAD. – Ora come ora con diecimila euro compri settecento cd in negozio, oppure mille album su iTunes. Con i quali secondo me vai al n.45 in autunno, al n.25 in estate.
FAR. – Un esperimento scientifico decente sarebbe quello di lanciare una campagna falsa-fimi in giro per i blog. Tutti quanti raccomandiamo di uscire, un fine settimana, e andare a comprare un disco vecchio e muffoso che non entrerebbe mai in classifica ma è presente in tutte le catene di distribuzione, non so, FAUSTO PAPETTI o qualcosa così. Diciamo, lo compriamo tutti nella settimana dal 10 al 15 novembre e vediamo dove va a finire in classifica. io dico PRIMO POSTO SENZA SPAMMARE. forse mi sbaglio. Dici che dovremmo impegnarci a farlo? Dici che un’italia in cui i blogger ti invitano a comprare un disco di FAUSTO PAPETTI e il disco va primo in classifica sarebbe agghiacciante? Dici che sarebbe più agghiacciante di un’italia dove i Pink Floyd vendono settemila copie di catalogo ogni settimana? Quando hai dato risposta ad alcuni di questi quesiti, puoi iniziare a parlarmi del tuo episodio personale con i Pink Floyd.

MAD. – Risponderò all’ultimo quesito, permettendomi una precisazione che faccio con cadenza trimestrale nella mia rubrichina sulle classifiche. Ovvero: io in classifica vedo sempre e solo tre (3) dischi dei Pinfloi, che pertanto sono quelli dei Pinfloi mainstream: The wall, The dark side of the moon, Wish you were here. I primi due sono dischi fuori dall’ordinario, e non credo sia così banale dirlo: già all’uscita, lasciarono a bocca aperta. Il terzo è un caso a parte, perché Nella Mia Umile Opinione è un album faticosissimo, con tre-quattro idee; se non che, contiene i due mammuth Floydiani, quelli che anche lo Scemodellapalestra individua immediatamente come espressione della Floydità: SOYCD, e Uìsciuèriar, che presumo siano ancor oggi ascoltati in concomitanza con il consumo di sostanze contenenti la droga.
E qui arriviamo al punto: The piper at the gates of dawn, Meddle, Animals, Ummagumma, persino la tanto iconica mucca, non li ho mai visti nella top 100 – eccetto in casi eccezionali (edizioni deluxe per anniversari, acquistate il giorno dell’uscita da mille maniaci) e la seguo settimanalmente da sei-sette anni.
Il che mi porta a dire che ancor più dei Pink Floyd, quello che funziona è il brand Pink Floyd.
(che tra l’altro, vent’anni fa uscì un modello di auto, la Golf Pink Floyd) (ricordo ancora lo spot radiofonico e la voce della tipa che diceva “Golf…Peenk Floeed”, col tono basso che usano nei doppiaggi quando vogliono fare capire che questa donna è una dura che beve e fuma e mangia gli uomini)
Io i Pinfloi li ho ascoltati anche tanto, in gioventù. Quindi so che esiste un brand Pinfloi, ma forse a definirlo sei più adatto tu che li hai ascoltati meno. Quando pensi “Pink Floyd”, a cosa pensi, a parte le tue imprese di lupetto?
FAR. – È banale ma la prima cosa a cui penso è un depresso che si aggira per un campo con una calzamaglia nera a cui sono appese lampadine a strafottere. La seconda cosa a cui penso è la copertina di Dark Side of the Moon, la terza cosa è la copertina di The Piper At The Gates of Dawn, la quarta è l’opinione secondo cui l’unico disco buono dei Floyd è The Piper At The Gates of Dawn, che ho fatto mia per un sacco di anni, ma adesso non mi ricordo manco più come suoni. Poi penso al genio autistico di Syd Barrett e al grandissimo The Madcap Laughs, che come ogni altra cosa di cui dico “grandissimo” è una lana mortale; una cosa a cui penso spessissimo sono i Mars Volta, terrificante gruppo di prog-rock cafone nato dalle ceneri degli At The Drive-In, che nella primissima fase della carriera venivano chiamati Punk Floyd a sfregio (dio che schifo i Mars Volta). Penso che in realtà non ho una grandissima opinione di Storm Thorgerson, ammesso che si scriva così. Ho un’immagine di loro, col pubblico di qualche grande evento tipo il Live Earth che urla mentre la musica si ammutolisce, parte una intro e loro sul palco, statuari sugli strumenti e illuminati da questa luce che butta sul blu, iniziano con uno di quei pezzi che non iniziano mai, con le chitarrine che dronano e poi diventa tutto epico. Penso ovviamente a quelli che guardano il compatto da cui ascolti la tua collezione di dischi con una punta di sdegno e considerano la puntina che legge i tuoi vinili un crimine contro l’umanità. hanno capelli lunghi e ricci legati, occhiali con la montatura sottile, barbe di tre giorni con i buchi della psoriasi e jeans azzurri larghi marca RIFLE. hanno una cover band dei Pink Floyd che esegue un disco in its entirety ad ogni concerto, si sfondano di trombi da mane a sera e risparmiano sul sapone intimo per pagare un seminario di solfeggio tenuto da un ex componente degli Area. Hai mai suonato una chitarra? io mai, nemmeno un giorno, non so come si tenga in mano, manco come si faccia un accordo di do. Sai cosa ti dico? Il punk mi fa schifo, ma non riesco ancora a odiarlo perchè è l’esatto opposto dei Pink Floyd. Poi lo sai cos’è che mi sta sul cazzo dei Pink Floyd? L’idea di comprarli. non in generale, dico l’idea di andare alla cassa con uno di quei dischi e quell’artwork di merda che sprizza GENIO da ogni centimetro quadrato. sto divagando, ma secondo me questa sensazione l’hai provata anche tu. voglio dire, hai presente Bruce Springsteen? a me Bruce Springsteen sta sulle balle, però almeno quando ti compri Darkness vedi subito che ti stai comprando quell’esatto concetto lì, roba americana 30% ribelle 30% romantico 40% bovaro. I Queen. Io quelli che al negozio di dischi vanno alla cassa con un album dei pink floyd me li immagino tutti ad organizzare aperitivi vegani nel loro loft e quando arrivano gli ospiti mettono Pat Metheny o Ryuichi Sakamoto in diffusione. era questa la domanda? 

MAD. – No, o forse sì, non so, so solo che quando fai così mi piaci come una donna nuda; non condivido un bel po’ di cose che hai detto però adoro leggerti, è come ascoltare un pezzo di quelli che non iniziano mai con le chitarrine che dronano. A me dei Pink Floyd piacciono moltissimo Vera, Time, Matilda Mother, Cirrus Minor, The Narrow Way, St. Tropez, Jugband blues. Sì, so suonare. E a proposito, chiudiamo con l’aneddoto.

 

(l’aneddoto)

Da quando abito in questa casa dove abito, e sono più di dieci anni, il ragazzo che abita sopra di me suona ogni pomeriggio – no, non “spesso”, ho scritto proprio “ogni giorno” – Wish you were here. Da quando aveva, reputo, 15 anni. In questi anni ha deciso che la chitarra era la sua vita, anche se è negato, lo so perchè lo sento, di giorno e ogni tanto di notte; dà persino lezioni ai bambini ma è terrificante, tiene il tempo col piedone perché non ce l’ha in testa e ripete assoli classic rock tutto il giorno e ogni volta che sbaglia una nota ricomincia finché non li fa perfetti, ma il giorno dopo li deve rifare perché i suoi assoli sono gli assoli di qualcun altro, quindi li sbaglia sempre. E ogni singolo giorno sento partire, come una campana a morto, le note di Wish you were here, che credo di averla imparata in quattro minuti quando avevo a mia volta 15 anni. Ogni tanto vorrei salire al piano di sopra da Hauauìsc, suonargli alla porta, entrargli in casa senza dire una parola e strappargli la chitarra di mano e suonargli qualcosa di lontanissimo dai Pink Floyd, che per me però non è il punk, che alla fine ha la stessa matrice depressiva nichilista ma con l’aggiunta della figosità giovane e senza compromessi che lo rende forse ancora più illuso e rintronato. No, ciò che rende isterico il Pinfloidiano brandizzato sono i Club Dogo, o Bob Sinclar – ma più ancora, Katy Perry, l’idea di una canzone che non apra una salsiera di segreti ma sia semplice, scema e divertente e soprattutto cantata da una topolona come loro non la vedranno mai, perché i Pinfloi hanno una componente misogina adolescenziale torreggiante che alle donne accorda a malapena il permesso di orgasmare durante The great gig in the sky.
Poi, detto questo, penso che Roger Waters sia una delle persone più autenticamente grame del mondo, e che abbia espresso se stesso – anche nei suoi aspetti personali difficilissimi da accettare – come pochi nella storia dell’arte: sono un suo ammiratore anche se ha una voce aberrante e senza la voce e la chitarra di Gilmour non sarebbe andato da nessuna parte, il che è un’ulteriore tassello della sua frustrazione. Bòn, a questo punto trova qualcosa per congedarci, che ho visto lì uno che invece di leggerci si è messo a giocare a Ruzzle.
FAR. – Non so davvero che dire per congedarci. Siamo vecchi brutti e stupidi e lo siamo con cognizione di causa, il mondo in cui viviamo abbiamo fatto di tutto per meritarcelo, a volte chiamiamo i nostri bisnonni al cellulare interdimensionale e canticchiamo “how i wish you were here” (tra l’altro esiste una versione migliorativa degli Incubus, cioè una canzone diversa ma sempre intitolata Wish You Were Here e cantata da Brandon Boyd che almeno è un bel ragazzone californiano e pop che fa canzoni stupide alla Katy Perry, quindi di per sé la nemesi del pinfloidiano medio). Rimane da capire se The Endless River sarà un nuovo disco degli U2 dei Pink Floyd o se riuscirà almeno a superare The Wall nella classifica FIMI per un paio di mesi, ma non ci occupiamo ancora di divinazione. Aspetteremo.

MAD. – Eddài, pure gli Incubus = Katy Perry, adesso… Io ti avverto, tu sei diretto verso il FattoQuotidiano. Bene, oggi sistemo il rough mix e te lo mando. Poi? Pubblicazione a reti unificate? Io con le fotine tu coi disegni porno?
FAR. – Nuo, va in un posto solo. Lo mettiamo su Amargine. Oppure boh, secondo me per le collaborazioni dovremmo trovare qualcuno che ce lo pubblichi. posso chiedere a Noisey se vuoi, una volta che hai fatto l’edit (o chi vuoi tu insomma). comunque non Bastonate.

MAD. – Ah, ma dillo pure, che ti vergogni di me davanti ai tuoi amichetti spacchiusi.
FAR. – MA SE TI HO LANCIATO IO DIOBONO

MAD. – Va beh, ora fammi un titolo degno di tutte le testate per cui scrivi.
FAR. – Titolo Bastonate (minimal – brutale, senza ciccia, da tirar fuori meno accessi possibile): “i Pink Floyd”
Titolo Rumore (citazionismo on the run): “Shine on you Crazy Discography”
Titolo Noisey (azioni avvilenti): “ho ripercorso la discografia dei Pink Floyd e stavo morendo”
Il nostro titolo potrebbe essere una cosa più trasversale. “L’inquilino del piano di sopra” sarebbe perfetto.

MAD. – Uniamo il primo e l’ultimo. “Pink Floyd: l’inquilino del piano di sopra”.
FAR. – “L’inquilino del piano di sopra (un pezzo generalista sui PINK floyd)”

MAD. – (è generalista?)
FAR. – Non lo so.

2 Risposte a “Bastonate A Margine. Pink Floyd, l’inquilino del piano di sopra”

  1. scommetto invece che sti giorni schizzerà the wall in the dead classifica! (che, per inciso, è il mio preferito) (conosciuto grazie al film e non viceversa)

  2. L’ “aneddoto” che come logica conseguenza, nella mia sconclusionata logica, scivola nelle mani redentrici di John “Bluto” Blutarsky che si presenta al piano di sopra e mette in atto tutto ciò avremmo voluto fare almeno una volta nella nostra vita musicale (ma anche extra- ) fa sì che questo pezzo meriti lodi smisurate, quasi come quell’assolo lì, sì, quella roba che parte a tradimento mentre il protagonista parla di alienazione (nemmeno avesse visto “Tu si que vales!”).
    E quanto detto sulla dialettica Waters-Gilmour andrebbe analizzato nei licei, quanto e più della concezione del dolore in Giacomo Leopardi & Milena Gabanelli.

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