AMARGINE

RAPPORTO aMARGINE 2018. La superclassifica di un po’ tutto (aka: l’ANALISONA)

Buongiorno e benvenuti – scusate se il posto è piccolo, grazie per aver portato le sedie da casa. Cercherò di essere conciso ma se posso darvi un suggerimento, non siete tenuti ad ascoltare tutto. Magari potete fare un giro e tornare dopo. Io in compenso mi sento tenuto a mettere giù tutto: in fondo un rapporto è un rapporto, no? E quando il rapporto sarà finito, potremo convenire che non siete voi: sono io. 

Indice. Sto per parlarvi dei presunti album e sedicenti singoli più (per così dire) venduti, dei concerti più visti, delle canzoni più ascoltate per radio, dei vinili, delle case discografiche più presenti in classifica, di Sanremo, dei talent, e forse dei flop.

Prontivia. TOP TEN ALBUM.
– Tutti maschi tranne Laura Pausini (l’anno scorso, nessuna donna).
– Tutti italiani tranne Ed Sheeran (come l’anno scorso. E lo straniero era sempre lui).
– Tutti sotto contratto con una major tranne Ultimo (come l’anno scorso. L’infiltrato era Ghali).
– Tutti sotto i 35 anni tranne Laura Pausini (l’anno scorso, sei over 35). Le tre multinazionali che sostengono FIMI volevano dimostrare la loro dinamica supergioventù, e hanno applicato il CAMBIAMENTO al sistema di rilevamento premiando lo streaming. Poi non sarò io a dirvi se la Universal darà a Gemitaiz (n.9) e ad Eros Ramazzotti (n.22) la stessa mancia di fine anno. Io sono qui semplicemente a commentare la classifica, fingendo che questi siano dischi veri, e si vendano. Se lo fa la FIMI, e se a Gemitaiz va bene, chi sono io per cavillare.

E a proposito di Gemitaiz: è sicuramente il re del featuring. Il suo album Davide contiene 15 brani (e che siano tanti, fa bene alla classifica, perché gonfia le cifre dell’album) e tanti ospiti che portano i loro fan come a una bella festa – occhio che non vi rubino i giacconi, gli adolescenti ricchi lo fanno spesso alle feste perché sono gangsta, ahaha, ben vi sta, bufus. Ospiti di Davide: Gue Pequeno, Achille Lauro, Fabri Fibra, Coez, Madman. Con 51 e 21 milioni di ascolti, i featuring di Coez e Achille Lauro sono i suoi brani più sentiti su Spotify. Anche se il featuring dell’anno è Tesla, che grazie a Sfera Ebbasta e Drefgold porta 64 milioni di ascolti a Capo Plaza.
E a proposito di rappusi: in top 10 ce ne sono 5. L’anno scorso erano 3 (Ghali, Gué Pequeno, Fabri Fibra) più rappusi parzialmente scremati (Jovanotti, J-Ax&Fedez) che volendo riportano la percentuale in parità. Verò è che anche l’età dei rapper scende rispetto al 2017. L’età delle donne no, anche perché alla fine sono sempre quelle: in top 30 ci sono Pausini, Emma, Sandrina Amoroso, Giorgia. Scendiamo pure, tanto ve le posso anche elencare tutte, ci si mette un attimo: c’è Mina al n.38, Annalisa al n.39, Francesca Michielin al n.62, Cristina D’Avena n.69 (inserire umorismo qui). E con Carmen al n.99 abbiamo chiuso. Aggiungendo le straniere, fanno 12 donne in classifica su 100 posizioni. Sì, amici, la classifica del CAMBIAMENTO che piace ai giovani è maschia e italica. Ma magari la spiegazione è semplice: le donne in Italia non hanno nulla da dire. Skrrrt, skrrrt.
Quota Talent Pop: 2 (includo Benji&Fede anche se non vengono da un talent, viceversa escludo Maneskin anche se vengono da un talent, perché qualunque cosa facciano, non so se sia pop). Buona annata per entrambi anche se pare di poter dire che in questi due-tre anni il successo vero si concentra su un nome solo per ciascuno. L’anno scorso non c’era nessuno per X Factor, mentre per la DeFilippi & Associati c’era Riki invece di Irama.
E a proposito di Irama. Il secondo presunto album più venduto dell’anno, Plume, in realtà è un EP, sette canzoni, trainate dalla megahit Nera (49 milioni di ascolti). Irama in autunno ha pubblicato un altro album (Giovani, n.28) quando avrebbe forse potuto fare la gherminella di ripubblicare Plume in una Fero Edition, e forse superare Sfera Ebbasta. Perché tra gli album più venduti, alcuni sono usciti due volte se non tre, e uno di questi è proprio quello dell’impellicciato di Ciny. Sfera Ebbasta nel 2018 ha pubblicato Rockstar anche nella Popstar version (in autunno) e nella International version; Lady Pausa per contro ha ripubblicato Fatti sentire col titolo Fatti sentire ancora e ha aggiunto una versione Deluxe. Tutti i brani aggiunti o reinseriti nelle nuove versioni, naturalmente, vanno a gonfiare i numeri del presunto “album” che la FIMI conteggia come unico. Se non vi sembra sportivo parlatene con un discografico, cercateli su Linkedin – cercate la posizione Masnadieri.

E a proposito di Sfera Ebbasta. La prima versione di Rockstar è uscita a gennaio, che vuol dire dodici mesi di tempo per accumulare ascolti. Irama è uscito a maggio, Salmo è uscito a novembre, i Maneskin a settembre, Ultimo a febbraio. Questo per dirvi che volendo, potreste tenerne conto. Ma anche per dirvi che la faccenda di risultare il più venduto dell’anno a qualcuno importa parecchio. E se col vecchio sistema essere l’artista più venduto a Natale poteva significare essere il più venduto dell’anno, ora che ci è stato regalato il CAMBIAMENTO non lo è più – cosa che credo risulti particolarmente chiara a Marco Mengoni (n.12). Comunque, putacaso, a metà gennaio uscirà l’album di Fedez. Ma ora,

Beninomanonbenissimo. Quanto appena detto spiega perché alcuni grossi nomi sono rimasti fuori dalla top 10 e si adattano a stare tra il n.11 e il n.20. C’è un bel parterre de roi: Jovanotti, Mengoni, Sandrina Amoroso, Emma (malgrado gli affanni iniziali. Anche per lei, comunque, un reboot dello stesso album ha aiutato), Cesare Cremonini, Ermal Meta, e persino Thegiornalisti al n.20. Sotto di loro, mi sentirei di aprire la categoria

Nonbenissimo. Eros Ramazzotti n.22, Negramaro n.23, Giorgia n.25, Gué Pequeno n.27 (Gentleman era stato n.10 nel 2017). Però anche sotto il n.30 c’è gente importante.

Non. Al n.34, malgrado la buona accoglienza per Se piovesse il tuo nome, c’è l’album di Elisa, casualmente solo due posizioni sopra Evergreen di Calcutta. Per lui è un buon risultato, diciamo che è la sua dimensione, anche se per diversi colleghi è il Paul McCartney italiano. Eppure questo forse non basta per vendere anche i dischi (lo dico senza cattiveria, so che non lo crederete ma per me il disco di Elisa è buono) (il discorso è più ampio, e riguarda i gusti del POPOLO e l’influenza dei device sulla roba che si ascolta, è una questione tecnica e non ho tempo per dilungarmi ancora sull’argomento). Non credo che per Elisa sia un problema, anche se mi figuro che la nuova casa discografica si impegnerà per farle fare cose più lucrative. Fabrizio Moro, co-vincitore di Sanremo, è n.44, anche se con una raccolta (Sanremo, incidentalmente, è stato un bagno di sangue per tutti, eccetto Ultimo). Emis Killa si piazza al n.46 pur avendo debuttato al n.1, come del resto la Dark Polo Gang che chiude al n.51 – e con tutto lo sbattimento di firmacopie che hanno fatto, non parrebbe un gran risultato, però ciànno gli orològgi, ciànno gli occhialetti, ciànno le bitches, ciànno la robba nella tasca, sfilano per i brands, non sarò io a discutere. Lo Stato Sociale al n.88 (la raccolta contenente il motivetto di Sanremo), Subsonica n.89, Max Gazzé n.91, Achille Lauro n. 98 (…deve aver fatto fatica, Baglioni, a convincere la Sony a farlo partecipare a Sanremo). E l’album 68 di Ernia che era entrato al n.1 la settimana dell’uscita, non è riuscito a entrare nella top 100. Dove è entrato di gran peggio. Ma non Baby K. Né Lorenzo Licitra, vincitore di X Factor 2017. E nemmeno Cosmo, Le Vibrazioni, Nigiotti, Decibel, Tiromancino, Noemi, Riccardo Sinigaglia e Luca Carboni (uuh). E nemmeno Motta, malgrado Vivere e morire abbia ricevuto la Targa Tenco 2018 nella categoria “Miglior disco in assoluto”. E lo è certamente. Mm-hmm.

Sanremo 2018. Un bagno di sangue. Ah, ve lo avevo già detto, vero? Si sono salvati solo Ultimo ed Ermal Meta (n.19). Comunque quello nella foto non è Ermal Meta, è Motta.

Sovranismo. Visto che ÷ (Divide) di Ed Sheeran è uscito nel 2017, nessun album straniero del 2018 è entrato tra i primi 30. Lo ripeto in maiuscolo? NESSUN. ALBUM. STRANIERO – ok, può bastare. Posto che l’italiano schifa gli stranieri bianchi neri e gialli, perché quando loro erano ancora nelle palafitte lui già eleggeva dei crapuloni, da noi i fenomeni mondiali tirano su a malapena il minimo sindacale. Il miglior piazzamento è di Evolve degli Imagine Dragons, al n.32. Lo incalza, da defunto, XXXTentacion, al n.37. Drake, anche quest’anno pascià imperiale delle vendite mondiali, da noi piazza Scorpion soltanto al n.55 (ah, ne soffrirà indicibilmente). Ariana Grande ed Eminem (concerto più visto dell’anno, a Milano) sono persino andati al n.1 in classifica, ma perché usciti in settimane di sottoaffollamento, tant’è che alla fine eccoli lì vicini al n. 64 e 65 – che bella coppia. Tra l’altro Ariana è stata la prima donna straniera ad andare al n.1 in Italia dai tempi di Adele. Poi abbiamo i Muse al n.72. Bruce Springsteen al n.87 (sotto Einar di Amici, sigh). E poi sostanzialmente la pacchia è finita. I titoli internazionali sono 25 su 100, ma dobbiamo includere Queen, Pink Floyd, Guns’n’Roses: i titoli usciti negli ultimi 2 anni sono meno della metà.Travis Scott, malgrado il debutto al n.1 (ad agosto, beninteso), rimane escluso dalla top 100 annuale. Cosa che lo accomuna a un sacco di gente, dagli Arctic Monkeys a David Byrne a chiunque sia piaciuto a quelli che se ne intendono. Non guardate me. Skrrt, skrrt.

Intermezzo del buonumore. La canzone più diffusa per radio è stata Non ti dico no di Boomdabash & Loredana Bertè (dati EarOne). Al n.2 Who you are di Mihail, al n.3 Una grande festa di Luca Carboni. Nessuna delle tre è tra i primi trenta singoli dell’anno, la n.2 e la n.3 non sono nemmeno tra i primi cento. Ok, radio: all’anno prossimo.

Le Megaditte. Tra gli album, Universal si prende il n.1 e un n.9 grazie al suo roster di rappusi, ma è Warner che ha avuto un’annata che non ricordava da un bel po’, con cinque nomi in top 10 e con una certa varietà, bisogna dire: il pop (Irama, Laura Pausini, Benji&Fede), il rap (Capo Plaza), per far contenta la sede inglese, su nel centro dell’Impero. Come l’anno scorso, un indipendente (Ultimo, per Honiro – Believe) nelle alte sfere. Alla fine:
Universal – 41 titoli
Sony – 27 titoli
Warner – 20 titoli
Distribuzione indipendente: Artist First 7, Believe 3, Self 2.
Tra i singoli invece Sony porta a casa il n.1 e in questo caso si gioca la top 10 con Warner, con quattro titoli a testa, contro due di Universal. E a proposito:

Sedicenti singoli. Nel 2017 c’erano stati tre singoli italiani in top 10 ed era stato un trionfo rispetto agli anni precedenti, quest’anno a essere tre sono gli stranieri, finalmente li stiamo ricacciando da dove sono venuti. Con il n.1 di Amore e capoeira ottenuto con Takagi&Ketra, LaGiusy è la n.1 dell’anno proprio come nel 2015 quando cantava Roma-Bangkok con Baby K. A proposito di joint-venture, ce ne sono cinque nella prima diecina, tutto sommato un numero contenuto. Trap non ancora debordante in hit-parade (tre singoli), mentre almeno metà dei pezzi sono quelli che amabilmente definiamo “tormentoni estivi” e che ormai sono megaproduzioni con budget che basterebbero a mantenere per diversi anni un piccolo Comune del Centro Italia, e che certamente permette a qualcuno di lasciar perdere quella vecchia faccenda degli album. Naturalmente, in qualche caso abbiamo a che fare con singoli veri, in qualche altro con i brani di punta degli album. Né io né voi abbiamo margine di discussione su questo, perciò prendiamo in considerazione chi avrebbe voluto essere in questa top 10. E invece.

Einveceno. I due pezzi oréndi dei Thegiornalisti si fermano al n.16 e 17, Pappappà rappappà de Lo Stato Sociale è n.30, la molto celebrata Non ti dico no di Loredana Berté e Boomdabash è n.38, Faccio quello che voglio di Rovazzi n.49, la vincitrice di Sanremo Non mi avete fatto niente di Ermal Meta & Fabrizio Moro è n.50 (Occidentali’s karma di Gabbani aveva chiuso al n.6 l’anno precedente). In alcuni casi vale il calendario, vedi La fine del mondo di Anastasio che è n.94. Certo, è uscita più o meno in concomitanza con i singoli di Vasco, Fedez, J-Ax. Voi li vedete in classifica? Io proprio no.

Autarchia, zii. Il brano n.1 nel Regno Unito, One kiss di Calvin Harris & Dua Lipa, se la cava con un buon n.19. Il brano n.1 in USA, God’s plan di Drake, è n.26, un gradino sotto Pem pem di Elettra Lamborghini, che col suo n.25 precede anche Il ballo delle incertezze di Ultimo, vincitore di Sanremo Giovani nonché una delle (tante) (sì, un po’ tante) rivelazioni dell’anno. Che dire, per me non è un problema se gli italiani preferiscono Pem pem a – che so, No roots di Alice Merton (n.35), anche se naturalmente questo indurrà i producers ad aumentare in modo esponenziale la musica oggettivamente lercia e nauseabonda e castigare ghignando quei musicisti snob che insistono a mettere cinque note in fila, ignorando i veri bisogni del POPOLO. D’altra parte Pem pem piace ai nuovi protagonisti del mercato, i bambini delle elementari, che purtroppo invece di limitarsi a guardare YouPorn sui telefonini ricevuti per la Prima Comunione, li usano per ascoltare, crapine sante, la monnezza più spietata. E per fortuna YouTube non conta per la classifica – unico aspetto positivo del fatto che YouTube usi le canzoni praticamente a sfroso (con gran dispetto delle case discografiche e della maggior parte degli artisti).

Fisime. Questo è il momento in cui mi faccio assalire dalle mie insicurezze giovanili e mi figuro che qualcuno che non mi legge mai mi venga a insegnare che sì, i presunti album e i sedicenti singoli, ma i concerti sono un’altra cosa. (ehi, grazie). Concerto più visto del 2018: Eminem a Milano, 80mila persone, davanti a J-Ax & Fedez a Milano, 78mila persone. Non proprio concerti rock. Però dal terzo posto in giù il rochenroll salva la faccia amici:  Guns’n’Roses a Firenze (66mila), seguiti a breve distanza da Foo Fighters, Vasco Rossi, Imagine Dragons e Pearl Jam.
Altre fisime. Questo per contro è il momento in cui le mie insicurezze dell’età matura mi portano a pensare: ma è meglio un singolo megaconcerto, o una tournée trionfale di venti date nei forum? O una da cento date nei teatri? E dove sono i dati su questo? Non li ha nessuno. Perciò insicurezze, tornatevene da dove siete venute, merito una vita migliore.

Miglior vita. Nella top 100, solo cinque album di artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di emendamenti. Li guida XXXTentacion al n.37, e ne fanno parte Fabrizio De André, Nirvana (Nevermind chiude al n.78, sette posizioni meglio del 2017) e ovviamente i Queen, con Platinum collection (n.45) meglio della colonna sonora di Bohemian rhapsody (n.59).

Vinili. The dark side of the moon è il 33 giri più venduto davanti all’album solista di Roger Waters e a Wish you were here. Non è vero, vi ho letto la classifica dell’anno scorso. Nel 2018 The dark side of the moon è il 33 giri più venduto davanti a Nevermind e a Enemy di Noyz Narcos, per motivi che secondo me sfuggono persino a Noyz Narcos. Nel 2016 invece l’album più venduto era The dark side of the moon. E a proposito di

Pinfloi (e con questo sapete che ho quasi finito) The dark side of the moon si piazza al n.47 tra gli album più venduti del 2018 (cd + streaming + vinili), lasciandosi dietro Lady Gaga e Dark Polo Gang, mentre The wall si guadagna il n.67, davanti a Frah Quintale e Muse (faccio questi nomi solo per darvi una prospettiva, nessun secondo fine). Entrambi migliorano di diverse posizioni rispetto al 2017, quando erano al n.55 e 78. Come l’anno scorso, Wish you were here non è entrato nella top 100, e direi che questo comunque è un buon risultato per il governo del POPOLO.

Sì va bene ma alla fine, quanta musica è stata venduta? Più o meno dell’anno scorso? Se non ve lo dico è perché non è un’informazione che circola. Al momento. O forse non circolerà mai. Ma davvero, tra tutta questa arte e questa coolness e questo CAMBIAMENTO, ritenete che i grezzi numeri abbiano una qualche importanza?

Grazie per essere arrivati fin qui. So che non c’è proprio TUTTO, onestamente non si poteva, a meno di fare una maratona su Netflix. Se pensate che manchi qualcosa, chiedete pure. Buon anno. Skrrt, skrrt.

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