AMARGINE

aMargine Report – Primo Semestre 2024 ovvero l’ANALISINA

“Intendiamoci, la democrazia non è nemica della qualità. È la qualità che è nemica della democrazia. In democrazia ci vogliono i numeri, e che numeri. Bisogna allargare il consenso, scendere alla portata di tutti. Bisogna adeguarsi”.
(Giorgio Gaber, La democrazia).

Ultimamente frequento un numero di persone superiore alla mia media del primo semestre del 2024. D’altra parte, è piovuto per un semestre.
Fatto sta che ogni volta che gli argomenti realmente interessanti finiscono, e che ho dato fondo al mio irresistibile repertorio di tre barzellette di Gino Bramieri
(Ok, visto che insistete. Un signore entra in un cinema, portando con sé un canguro. La cassiera gli dice: “Signore, gli animali non sono ammessi”. Il signore va via e torna dopo 20 minuti con il canguro infilato in due fette di pane. “Signore, mi ascolti: non può!” “Ascolti lei: il panino è mio e ci metto quello che mi pare”)
Spentasi la lieta eco delle risa, ecco che a quel punto la mia presenza evoca il funesto temino della musica popolare contemporanea.

E come faceva Pagliacci, provo a nascondere i miei crucci, ma non lasciate che la mia allegra espressione vi dia una sbagliata impressione: in realtà sono triste (triste) (triste!) più triste della tristezza; come un clown, fingo allegrezza – e agli uomini tante cose tristi sono note, ma quanto le teorie di un critico, ve ne sono poche. E io non so se accada anche ai miei colleghi…

(“Tu non hai colleghi” “Hai ragione, ho spesso questa sensazione. Forse anche i miei colleghi”)

…ma è sorprendente come tanta gente più o meno aggiornata riguardo ad altri campi, ammattisca cercando risposte nella musica del 2024. E fanno tante domande strane. Vorrebbero sapere, non so perché, chi sta dicendo cose importanti.
E se davvero Max Pezzali e i Negramaro vendono ancora così tanto da suonare a San Siro (la risposta è no, ma credo sappiate che è sbagliata la domanda).
E che i loro figli ascoltano Coso e Cosa (mettete nomi a caso) ma i loro compagni di classe dicono che sono degli sfigati.
E se esiste ancora Lo Stato Sociale (il gruppo, ma fa abbastanza ridere anche nell’altro senso).
E se esiste ancora Billie Eilish, non doveva essere lei la nuova Patti Smith? (questo non lo sapevo) (nessuno mi dice mai niente)
E quali canzoni di oggi si canteranno ancora nel 2044? (questa la so: nessuna. Perché – con la massima serenità – non è importante. Né oggi né nel 2044: come diceva Jagger a metà del secolo scorso, chi li vuole i giornali di ieri?)
E il Corriere parla sempre di Diodato (ndr: non ho modo di verificare), quindi è lui quello che vende più di tutti?
E (versione alternativa) se vende così tanto questo Baby Gang, che a Le Iene lo fanno vedere ogni tre puntate (ndr: mi astengo dal verificare: vivo nella ostinata fantasia che Italia Uno si sia sciolta da un decennio come Elio & le Storie Tese)
E come mai se è così famosa, la radio non manda mai questa Taylor Swift – ah, le migliaia di dotti spiegoni dei 50enni su TaylorSwift! Seguiti dalle centinaia di saputini spiegoni dei 40enni che irridono gli spiegoni dei 50enni! Seguiti dalle decine di acidi spiegoni dei 30enni che sbertucciano entrambi! Seguiti da niente, perché i 20enni non spiegano nulla, Iddio li benedica.

…E so di aver dato l’impressione di frequentare gente distratta – non ci sarebbe nulla di male, ma non lo è. Credo tutto questo dica un po’ di cose sul giornalismo musicale, un povero attore che si pavoneggia e si agita su un palcoscenico per il tempo a lui assegnato, e poi nulla più s’ode.
Ehi, so quel che dico: nemmeno io sono in grado di dirvi “Ci penso io” come un gigante buono. Questa ANALISINA di metà anno non mi permette di fare chiarezza come Enrico Mentana (…sono 25 anni che glielo sento garantire, con quella incrollabile certezza di essere un radiofaro vivente).
Perché state per vedere alcuni nomi che hanno un vago significato ora. Ma quasi non ne avevano un anno fa. Probabilmente non ne avranno tra un anno.
Mentre NON vedrete tantissimi altri nomi che invece sono al posto giusto nel momento giusto – e al momento quel posto non è una classifica. Anche se la presenza dei Ricchi & Poveri nella top 20 dei singoli del 2024 ha delle premesse ben precise, più grandi persino di loro.
Ma non è tempo di tirare le conclusioni. Visto che in effetti devo ancora cominciare.

PRESUNTI ALBUM

Tony Effe, 33enne rampollo della Roma-bene che ha saggiamente scelto la bbbburinità e la strada e le pistole e tutte quelle fregnacce che tocca raccontare a un pubblico dalla bocca buona e le orecchie cretine, non era mai stato al n.1 senza i suoi amichetti della Dark Polo Gang, né coi singoli né col suo album precedente. Quest’anno ha evidentemente una marcia in più, e sono i gossip, principale produzione culturale della nazione, come ripete da seicento anni Dagocoso. In un podio che non era facile prevedere all’inizio dell’anno, precede Kid Yugi, rapper citazionista di Taranto, e Tedua, con l’ennesimo rabbocco della sua Divina Commedia, sempre più Commedia (cit.), sicuramente sempre meno Divina.

C’è stato, come trionfalmente fanno notare i comunicati stampa delle tre multinazionali unite, un virtuoso aumento di album di FEMMINE in top 30: abbiamo addirittura due ITALIANE in top 10 e sono la madrina dell’Analisina (e dell’Analisona) Annalisa e Rose Villain, più Taylor Swift al n.13 ed Emma al n.22, per un totale di 4 su 30. Facendo il raffronto con le elezioni precedenti, abbiamo un aumento esponenziale: nella top 30 del 2023 erano 3 (Elodie, Madame Rose Villain) ma nessuna in top 10, e in quella del 2022 erano 2 (Madame ed Elisa), con una top 10 sempre rigorosamente di maschi ITALIANI. Forse è un’osservazione poco tecnica, ma sembrano guadagnare consensi le supertope, con Emma che insegue generosamente Annalisa, Elodie, Rose Villain.

Per quanto riguarda gli stranieri, c’è da dire una cosa: per il momento non riusciamo a sterminare quelli che vogliono entrare, ma siamo riusciti abbastanza efficacemente a silenziare quelli che vogliono cantare: in top 30 ce ne sono due e sono Taylor Swift e Travis Scott, mentre erano 3 nel 2023 (Pink Floyd, Bad Bunny, Depeche Mode) e 2 nel 2022 (Harry Styles ed Ed Sheeran). Ne devono mangiare di pastasciutta, per risultare interessanti a noi che pretendiamo canzonette a km zero e 100% ITALIANE come le uova del supermercato.

Dettaglio industriale: la terza multinazionale, la Warner, ha capito come funziona il mercato e dopo anni di ambasce ha mollato i ritmi per gli algoritmi, e grazie ai suoi nuovi esperti di segmenti si ritrova sul planisfero come la Cina che piombava tra USA e Russia alla fine del secolo scorso. Nel 2023 la spartizione della top 30 era Universal 14, Sony 12, Warner 2 titoli; nel 2024 è diventata Universal 13, Sony 9, Warner 7.

SEDICENTI SINGOLI

Negli ultimi tre anni il primo semestre è sempre stato un test di stimolo e risposta sulla Sacra Kermesse sanremese, con il podio dei primi sei mesi sempre riservato a canzoncine diffuse dal noto programma di RaiUno. Quest’anno c’è una piccola irregolarità: invece di prendersi anche il quarto posto oltre ai primi 3, lo show di Amadeus si è accontentato di portare sette pezzini tra i primi 10.

L’aumento della presenza femminile è particolarmente accentuato nelle charts delle canzoncine, con 6 interpreti ITALIANE con un loro pezzo, presentato da sole e non come vocina ancella del maschione duro cioèppericoloso della strada. Ma – colpetto di scena – la verità è che sono tutte e 6 concorrenti del Festival di Sanremo. Annalisa, Angelina Mango, Rose Villain in top 10, Emma, Clara, Loredana Berté più in basso nella top 30.

Per quanto riguarda gli stranieri, abbiamo una rassicurante diminuzione anche qui: non sia mai che contaminino la purezza delle nostre tiritere. Nel 2023 c’erano due titoli non ITALIANI in top 10 per un totale di tre nelle prime trenta posizioni, quest’anno scendono a due (Gata Only di Floyymenor, Beautiful Things di Benson Boone), nessuna delle quali tra le prime dieci, ci mancherebbe.

Di nuovo il dettaglio industriale: nel 2022 Warner Music Italy aveva un singolo in top 10, nel 2023 erano due, quest’anno sono otto su dieci.

GEREMIADE FINALE
Dieci anni fa le classifiche di vendita riuscivano almeno in parte a rappresentare tante diverse componenti della fruizione di musica: la gente che comprava i cd ma anche quello che succedeva negli stadi, nelle radio, nei programmi tv, e le canzoni per il Cornetto Algida, e i talent show, e le interviste in cui le star rivelavano di aver sofferto in modo indicibile. Ricordate quando qualcuno andava da Fabio Fazio e tre giorni dopo impennava in classifica? O quando la Virgin metteva a 4 euro e 90 My Life In The Bush Of Ghosts di David Byrne e Braianìno e questo entrava in classifica e ci stava più di un anno? O le raccolte di successi di MiticoVasco o i live da regalare a Natale, o Ed Sheeran in classifica per anni col suo segnetto? Ma anche quando uscivano Biagiantonacci o Renato Zero, per citare qualcuno di cui magari non avete tutta ‘sta nostalgia e tiravano su i dischi di platino pur avendo finito da decenni le cose da dire, che peraltro già al loro apogeo si contavano sulle dita delle mani di Topolino. Quello era evidentemente un tipo di mercato diverso per un pubblico diverso, che chiedeva prodotti diversi.
Le piattaforme e l’algoritmo hanno cambiato tutto almeno quanto i social network hanno cambiato la politica.

Così, la musica oggi è un’industria che sì, continua a vivere (anche) di concerti di 70enni e di reunion dei CCCP o delle Grandi Speranze sui Fontaines D.C. (non andate a vedere i numeri che fanno però, se non volete deprimervi) e di diritti d’autore dei Queen e documentari sui Beatles e libri su David Bowie o sui Soundgarden o su Vamos a la playa dei Righeira. Ma era come continuare a vivere del voto degli ex partigiani (Iddio benedica anche loro). Le tre multinazionali hanno bisogno di garantire automobili, case al mare e droga a chi lavora per loro – e come un partito bisognoso di garantire auto, case al mare e droga ai suoi dirigenti, sono andate a cercarsi un elettorato nuovo.
Ebbene, questo elettorato c’era.

Solo che non sono i più musicologi della loro generazione. Quelli non interessano, non sono massa critica. Forse, e mi permetto di citare Paolo Giordano del Giornale, “C’è vita oltre la trap e l’urban”. C’è e qualcuno la cerca, ma quelli importanti sono gli altri, quelli che danno un valore a canzoni che possono sembrare brutte, ripetitive e scritte da cani stupidi che applicano tre formuline. A questo elettorato non frega niente di Bowie o di De Gregori, né gli potete chiedere di ricordarsi di Pannella e Pertini e Prodi e Pajetta. In effetti non potete nemmeno pretendere che voti, se non gli dà alcun valore, o che canti ritornelli o melodie, se non gli dà alcun valore.
Ma siamo in democrazia, e le classifiche ne sono uno strumento. E ci dicono che il sogno di essere una Icon e quello di indossare una Tuta Gold sono le promesse elettorali che hanno conquistato le masse. Evidentemente erano promesse ben studiate. Ci porteranno alla rovina? Ma no: al massimo la accompagneranno con qualche balletto su TikTok.
Grazie per aver letto fin qui, a presto.