AMARGINE

TheClassifica 91 – Afterhours. Tutto fa un po’ miele

Preludio. Nelle prime 30 posizioni in classifica, due stranieri (Coldplay, Paul McCartney). Due e mezzo contando il n.2, l’Amico Sergio Big Boy Sylvestre. Che canta in inglese ma pure a lui, come a tutti gli Amici, gli scrive le canzoni Ermal Meta.

Premesse. Prima di cominciare, dovrei farne una trentina circa – e se possibile suddivise in gironi da quattro. Ma immagino sia difficile non fare caso al bazooka nella stanza, vero? Quindi le premesse le farò dopo.
Tranne una. Che è: non metterò nomi di colleghi. Perché non voglio puntare il ditino. E poi sono stanco di litigare, ma veramente. Peraltro, nell’elenco che segue c’è anche qualcuno di cui ho una certa considerazione. E quindi, è solo perché sono un irresponsabile che si è ritrovato un’arma in mano, che commenterò il primato in classifica degli Afterhours sparando scriteriatamente dei significativi passaggi da recensioni altrui di Filfiri o Folfox, nuovo n.1 in classifica con tutti i suoi bei tormentoni per l’estate. Lo ripeto: quelli che state per leggere sono i recensori, non l’artista.manuel agnelli

– “È solo facendosi ulteriormente a pezzetti che ci si può riscoprire di nuovo interi”.
– “Sarebbe bello credere, credere e basta, senza doversi scontrare con la realtà: all’amore e a Dio, alle relazioni profondissime che non temono caducità, alla vita eterna ché fino a quando ci siamo la morte, in fondo, non sappiamo cos’è”.
– “Cosa accade quando il rock smette di mettersi al servizio di forme di rivoluzione sognate per anni riprendendo conoscenza, in modo autentico, alla luce dei propri limiti ineludibili?”
– “Pezzo dopo pezzo la band si trasforma in una macchina che prende la forma di un tir gigantesco lanciato sulle autostrade delle ipocrisie italiane o quella di un aeroplano di carta lanciato indietro nel tempo”.
– “Affidarsi a queste diciotto canzoni è come entrare in una stanza buia e vuota, lasciarsi inghiottire dal nulla ma sapere perfettamente dove si trova l’interruttore della luce”.
– “A 50 anni non si può più sparare a zero su quelli del sabato in barca a vela lunedì al Leoncavallo e basta. E lo scorpione da mutilare dentro il cuore fa molto più male”.
– “Ci sono frammenti sperimentali che sovente tagliano la carne del disco, come se fossero lanciati lì apposta per aprire delle ferite da rimarginare”.
– “Pochi evanescenti momenti di normalità destinati ad annegare e sofferenze che imparano a nuotare nel mare dei sogni che pian piano svaniscono”.
– “Soffrire fino in fondo per rinascere e volersi bene”. 

AND IN THE END
“Quello che apprezzo dei testi aperti è che chiunque può trovarci ciò che vuole”. (Manuel Agnelli)

(e io sono sicuro che i Modà sono d’accordo. Forse Agnelli è il Kekko Silvestre della depre)

Premesse conclusive. Io sono un conclamato frescone – e non vi prendo in giro: posso sommergervi di prove inconfutabili in proposito. In quanto tale non ho lo spessore umano per farmi dilaniare dalla lacerante redenzione che il Gesù di Corbetta dona generosamente ai discepoli. Gli riconosco di aver scritto una manata di pezzi che hanno fatto – e tuttora fanno – da mantra all’ala istruita della sua generazione e di quella successiva, gli slogan cupisti sugli anni 80 e sui giovani di oggi, e la gente che sta male, e il male di miele, e quello che non c’è. E anche alcune buone canzoni. Ma nulla mi toglie la convinzione che Manuel Agnelli abbia sempre avuto sulla critica, specie di area milanese, una presa come quella che il signor Spock di Star Trek usava sugli esagitati per metterli alla sua mercé a pelle di leone. Anni fa una cosa del genere capitava, sempre in odor di risotto allo zafferano, con i Bluvertigo, quando Morganetto (e non è un nome X che faccio a caso) era capace di impistolare con un pot-pourri di citazioni di Braianìno tutti i mediapeople dal Ticino all’Adda. 
Ma al contrario di Morganetto, che era il primo a rimanere confuso dal suo stesso concionare, secondo me Agnelli la sera torna a casa, si toglie i capelli, si sfila il pallore, ripone sul comodino il cipiglio severo – e mentre nessuno lo può vedere si lascia andare a un sorriso da scardinato alla Pino Insegno, in maligno solluchero per la salamoia criticoesistenziale che è in grado di sobillare.
E ora, il resto della top 10.

Il resto della top 10. Detto dell’abbandono della vetta da parte dell’Amico Sergio Sylvestre, da non confondere con Kekko Silvestre, entra al n.3 la versione Reloaded di Tradimento di FabriFibra, con l’aggiunta di nuove versioni duettate (Jake La Furia, Gemitaiz, Emis Killa, Madman) di alcuni dei pezzi del 2006. Al n.4 c’è l’Amica Elodie, al n.5 Zucchero. Resta al n.6 la raccolta dei Pooh (gosh), ma rispondono al n.7 i Nomadi con il XXIV Tributo ad Augusto Daolio (ci sono Auschwitz e Aironi neri e Io vagabondo e Ho difeso il mio amore). Poi al n.8 Sandrina Amoroso, al n.9 il live di Samuele Bersani, infine al n.10 Ariana Grande.
Escono dalla top 10. L’Amico Lele scende al n.11, Laura Pausini al n.12, gli Amici La Rua al n.26.

Altre carabattole. La raccolta Pure McCartney entra al n.17, mentre il nuovo dei Garbage entra al n.33. Considerato che è giugno, potrebbe equivalere a trecento copie. A me, curiosamente, pare uno dei loro dischi migliori. Però i malcapitati ricadono in quella fascia che si rivolge a un pubblico che ha smesso di spendere soldi in musica, se non – ovviamente – nei concerti, che presuppongono tutto un altro ascoltare, e un altro spendere. Per non parlare del fatto che è più chic far sapere che concerto stai vedendo, che non quale album o playlist stai ascoltando. In ogni caso, dalle settimane scorse vi dovevo gli ingressi di Paul Simon (n.26) e Lacuna Coil (n.42). Ora sapete.
Al n.95 c’è il disco più anziano in classifica, Pop-hoolista di Fedez, uscito il 30 settembre 2014: lo celebriamo con un tweet che rivela tutta la sensibilità del giovane maestroapensare, sorprendentemente vicino al Verbo di Agnelli.Fedez tweet 2

Usciti anche loro nel 2014, ma a novembre, e piazzati un po’ meglio in classifica ci sono anche Tiziano Ferro (n.32), Modà (n.53), MiticoVasco (n.54).

Miglior vita. In classifica solo sei artisti/band i cui esponenti più rappresentativi hanno lasciato questa valle di faccine che ridono con le lacrime. A guidarli, Clean your clock dei Motorhead, entrato al n.55.

Pinfloi. Come prevedibile, la ristampa a inizio mese dei vinili dei dischi che nessuno comprava mai ha causato nei fan un’ondata di eccitazione spasmodica, che ha mandato al n.21 The piper at the gates of dawn (oggi ancora ben piazzato al n.58) e al n.24 A saucerful of secrets e al n.35 Ummagumma (…e al n.43 la colonna sonora di More, che però sette giorni dopo è già fuori classifica). Poi Il 1 luglio arriveranno nei negozi anche Atom heart mother, Meddle e soprattutto Obscured by clouds, dal quale mi aspetto grandi cose. Spero lo vendano a 70 euro, perché è qui che si distingue il vero pinkfloydiano dal barlafùsso occasionale cui si deve The dark side of the moon al n.96. 

Exit music. Dopo cinque settimane, l’album dei Radiohead è uscito dalla classifica.
Però se ne è parlato.

Una risposta a “TheClassifica 91 – Afterhours. Tutto fa un po’ miele”

  1. “Lo scorpione da mutilare dentro il cuore.” Non esiste neanche la definizione di una figura retorica tanto bolsa: la nullafora?

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