AMARGINE

TheClassifica 73. I Kolors e Max Pezzali e tutto un seminario sulla gioventù

Sì, è un bel po’ che non vi scrivo.
Però vi ho pensato tanto!

…Dico davvero. Ho lasciato questa rubrica in un limbo perché –

(mmh, no, magari ve lo dico un’altra volta, dai. Non voglio aprire lo scatolone dei massimi sistemi, in questo giorno pimpante in cui come tante Pimpe vi riabbraccio ad uno ad uno: ci sarà tempo, per dare in escandescenze su questo vezzoso piedistallo. Facciamo che oggi me ne sto buonino e faccio un TheClassifica basic e vi racconto del gruppo del momento, e di come Max Pezzali e tutta la sua generazione ci sono andati a sbattere contro, avendo la peggio)

Dunque. Intanto, diciamo che i primi venti (20) album in classifica sono tutti italiani, tranne uno (Florence & the Machine, n.7). Questa faccenda, io ve lo ripeto, non è normale. Abbiamo i media (e l’élite, volendo) (non che media ed élite coincidano) più esterofili del mondo, e il pubblico più xenofobo.

Questa cosa non può finire bene. Lo sapete anche voi.

Al n.1 ci sono, da tre settimane, The Kolors, con Out, loro secondo disco, pubblicato dall’etichetta Baraonda, quella che Rtl 102.5 eccetera. Ed eccovi un altro po’ di cose da dire se volete tenere testa a una 13enne che vi parla di musica.

° The Kolors hanno vinto Amici 14. The Kolors sono tre: Stash Fiordispino, Alex Fiordispino e Daniele Mona.
°° Stash è il LEADER (nei gruppi che partecipano ad Amici c’è sempre un LEADER) (Alessio Bernabei era il LEADER dei Dear Jack, finalisti l’anno scorso, numeri uno l’anno scorso, pubblicati dall’etichetta Baraonda l’anno scorso) (cominciate ad intravvedere uno schema, per caso?)
°°° Stash (che si chiamava Antonio, prima di scoprirsi LEADER) è originario di Caserta. Ha 26 anni ed ha un amore spassionato per la musica in ogni suo genere: “Sono stato consumato dalla musica, ci sono migliaia di band e artisti che ho assorbito e ai quali mi ispiro tuttora”. Tutto questo lo sto prendendo dal sito di Maria, che asserisce eziandio: “Dice di vivere intensamente ogni momento della sua vita e cerca di dire sempre quel che pensa. Ama Michael Jackson e odia le sale d’attesa”.
°°°° A differenza dei Dear Jack, però, The Kolors cantano in inglese. Il loro singolo si chiama Everytime. Sa molto di Maroon 5, ha qualche lontana eco di Sting (o di Nek) e dice sostanzialmente che bisogna crederci, raga.
°°°°° Nell’album c’è anche un pezzo con Elisa, il premiato duettificio di Monfalcone.
°°°°°° Il primo disco dei Kolors, I want, è uscito l’anno scorso per una piccola etichetta, la Family. Grazie alla Amicizzazione è entrato in classifica anche lui, è al n.79.

(“Adesso viene la parte in cui entri nel racconto, vero?” “Immancabilmente. Tu no, però” “Aww”)

In Amici, tutto mi irrita.
La rete televisiva, la presentatrice, il nome, i giudici/coach, il pubblico in sala, il nome, le inquadrature, le magliette, il nome. 

Nei Kolors, tante cose mi irritano. I capelli, il nome, la trasmissione cui hanno partecipato, il fatto che siano stati indicati come migliori da giudici/coach che mi irritano, il nome, il fatto che siano stati votati dal pubblico di una trasmissione che mi irrita, il nome.
Ma ho sentito la loro musica. NON mi irrita. Mi pare che sappiano suonare, e che non prendano le strade più facili.
Lo dico con un certo imbarazzato senso di spiazzamento.
Anche perché poi, c’è un album che non ha funzionato, inciso prima di metter le magliettine, e uno che sta dominando la classifica, grazie all’aver messo le magliettine.

E tuttavia, se non penso pregiudizialmente in termini di compromessi e via dicendo, non mi irritano. Credo che moltissimo dipenda dal fatto di non averli mai visti esibirsi – con le magliettine – nella trasmissione in questione, né altrove. Ma ciò che sento, di per sé, non mi esaspera.
Laddove, tanto per fare un nome

(e che non sia come al solito quello dei Modà, pur compagni di sinergie discografiche con la radio peggiore del mondo)

Negramaro – musicalmente – mi irritano infinitamente. Anche se non li vedo, anche se non aggiungo quello che so di loro a ciò che sento. Semplicemente, io disapprovo con fermezza il loro prodotto musicale. Lo trovo falso, scarso, improbabile e sento che costituisce un passo indietro per il genere umano in genere (umano) (in genere).

Ora, non credo di dire niente di particolarmente fervido se facendo una stima sulla rilevanza del contesto e dell’immagine rispetto alla musica, mi figuro un 50 contro 50 ai tempi dei Beatles, diventato 90 contro 10 oggi.

(e questa è una delle ragioni per cui scrivere di musica è diventato più stupido di una volta) (nonché una delle ragioni per cui triceratopi e pterodattili continuano a occupare l’immaginario: quando i Pink Floyd – un gruppo a caso – camminavano sulla riarsa superficie del pianeta, non c’era trippa per verbosi furbetti: il materiale contestuale era irrisorio, addirittura nessuno sapeva i testi, di qui il bizzarro equivoco sulla citazione di Rita Pavone; a malapena chi comprava i loro dischi aveva presente che facce avevano, quindi non c’era margine per tutte le ciarle con cui abitualmente opinioniamo di musica) (fermo restando che non è che l’opinionare di cinema e letteratura e politica abbia premesse molto diverse, eh) (però io rispondo solo del mio quartierino) (…per citare Fabio Capello: “Io guardo solo in casa mia”) (non era affatto vero, ma era molto western quando lo diceva)

Cionondimeno, ipotizzando un mondo in cui tutti noi rimettiamo le orecchie davanti ai buoi, io non mi sento, qui ed ora, di lanciare anatemi contro i Kolors. Al momento, trovo più interessante quanto vi ho già anticipato nelle prime fasi dell’incontro, ovvero che Max Pezzali, dopo un lungo periodo di ricollocazione culturale e generazionale (che ha fatto peraltro seguito a un lungo periodo di dischi indicibilmente flaccidi), non sia stato in grado di sottrarre il n.1 ai Kolors, nella settimana di uscita dell’album Astronave Max

(“Brrr, che titolo” “Eh, lo so. E tuttavia, non è peggio de La donna, il sogno e il grande incubo” “Gran bella copertina, però” “Appo maravigliosa”)

Non è bastato far seguire il suo Venerdì al Sabato di Jovanotti. Non è bastato il video con i cameo (scritti) delle tweetstar amiche. Non è bastato farsi spalleggiare da Davide Ferrario, rapito a Battiato. Non è bastato dare interviste mirate (vita di coppia a Vanity Fair, sociologia musicale con Assante su Repubblica) (“C’è talmente tanta musica in giro oggi che volerne fare dell’altra è un atto di suprema arroganza”).
L’astronave di Max non è decollata, e le voci (sicuramente maligne) secondo le quali nemmeno Jovanotti ha venduto quanto sperava, mi danno una sensazione di transizione generazionale. Altrove, è arrivata molto prima; qui sembrava non arrivare mai. Nel cuore a stelle e strisce dell’Impero, l’età media della top 10 era già da tempo di una ventina d’anni più bassa rispetto a noi. Sembrava innaturale. Invece, ecco che la musica parrebbe iniziare a liberarsi dalla dittatura dei trentaquarantenni – che peraltro se ne stanno andando spontaneamente, trovando in altri ambiti chi dà voce alle loro istanze più profonde: che so, Salvini, Cruciani, gli esperti di calciomercato, il Milanese Imbruttito, Selvaggia Lucarelli. Ma la gran parte della musica che erano destinati ad amare, è già uscita. La differenza è che le generazioni precedenti sapevano benissimo che questo era nell’ordine delle cose. La mia, temo, no.

Però sono sicuro che la PaoloLimitizzazione sarà raffinata e non priva di una sua coolness. E che non ci accorgeremo di niente, vivremo in una rete pensata per anziani in gambissima, dove nessuno ci comunicherà che là fuori sta succedendo tutt’altro rispetto a quanto noi riteniamo rilevante. In effetti, vedete da voi che non sarà molto diverso da ora.

Il resto della top ten. Al n.3 c’è Briga, il rapper malmostoso sconfitto dai Kolors nella finale di Amici. Al n.4 Noyz Narcos e Fritz da Cat (nuova uscita) al n.5 Eros Ramazzotti. Al n.6 J. Ax, seguito dalla già citata Florence. Chiudono la pregiata diecina Il Volo, Jovanotti e i Two Fingerz (nuova uscita anche loro) (quanto rap tra i primi dieci, posso farvelo notare?) (sì, ci sono i tre babbioni sanremesi, presto nuovamente ospiti di Bruno Vespa, ma è come vi dico io, il Paese sta mettendo i brufoli)

Pinfloi. Di The wall non ho notizie, sono preoccupato. Se qualcuno ha informazioni, per piacere, si faccia vivo: sono diverse settimane che manca dalla classifica – quindi forse è vero quello che dice il Governo, c’è tutta una strisciante deriva ottimista che pervade la penisola. The dark side of the moon però c’è sempre, e sale al n.76; quanto a The endless river, diguazza al n.43; è uscito 31 settimane fa, durante le quali non è diventato un disco decente.

Entrate pure. Simply Red al n.21. Non granché, vero? Major Lazer n.26, Tormento n.30. Darkness n.36, Jason DeRulo n.38. Helloween n.42 – uh, commovente.

Sempre lì, lì nel mezzooo. L’anima vola di Elisa, in classifica da 86 settimane. Tempo reale di Francesco Renga, da 65 settimane. Back-up 1987-2012 il best di Jovanotti, in classifica da due anni e un mese.

Miglior vita. Sette album riconducibili ad artisti che ci hanno lasciato; il più in alto è The very best of The Doors, n. 69.

Oh, gosh. Femmina di Francesco Sarcina, uscito 3 settimane fa, è al n.100. E dire che era sempre lì da Maria De Filippi. E salutava sempre.

2 Risposte a “TheClassifica 73. I Kolors e Max Pezzali e tutto un seminario sulla gioventù”

  1. Quello che mi colpisce è che lo scollamento dei media e dei quarantenni dalla realtà viene alimentato, non attenuato, dalla tv. Da una parte c’è Fazio, che piaccia o meno è il Letterman italiano ma che non si troverà mai a ospitare gli Arctic Monkeys, preferendo i Morandi e i Baglioni e i Jovanotti e insomma qualcosa che il suo pubblico possa ascoltare. Sì, poi tenta con gli Stromae e i Kasabian, ma li ho sempre visti come più o meno timidi tentativi subito stroncati dal pubblico, in questo non meno conservatore di quello di Vespa. Dall’altra c’è l’autarchia musicale della De Filippi e dei suoi quindicenni.
    E qui mi sento di dare a Maria ciò che è di Maria: Saviano ad Amici paragonato a Fabri Fibra da Fazio mostra che i quindicenni se non altro sono più propensi a recepire stimoli esterni di quanto non lo siano i quaranta-cinquantenni. (In questo senso, è anche interessante il modo in cui questi ultimi vanno nel pallone davanti a un fenomeno come Fedez, cfr. articolo di Facci. Mi sembra sempre sintomo di quello scollamento di cui si diceva).
    Una tv pochissimo esterofila e che estromette quindi tutta una fetta di ascoltatori musicali, quella degli universitari: gente che magari conosce a memoria la lineup di Glastonbury ma non guarda la tv da secoli perché, appunto, non vi si riconosce. E che può essere accusata proprio dai suddetti quarantenni di non vivere nel mondo reale perché i suoi musicisti non compaiono nelle vendite dei dischi (gli universitari pagano solo quando si tratta di concerti, al massimo dànno un po’ di soldi a Spotify), non sono diventati degli idoli, tantomeno vanno in tv. Poi certo, altrove hanno i Black Keys e noi abbiamo Lo stato sociale, però mi viene da chiedermi se questo non sia anche dovuto al clima asfittico in cui viviamo. Fermo restando che quando leggo le frasette degli Stato sociale condivise dai miei contatti mi viene da chiedere scusa a Jovanotti.

  2. Penso che stiano crescendo le condizioni perché ognuno si crei il Mulino Che Vorrei. Un ecosistema nel quale i punti di riferimento sono funzionali alla nostra capacità di capirli. E gli altri punti di riferimento non entrano, se non come guest star (un po’ come Elisa o Gianna Nannini nei pezzi dei rapper).
    Poi, sai, la tv estromette gli universitari così come i social network estromettono i sessantenni, così come la stampa estromette gli under 20. Ma non è solo questione di generazioni, sarà sempre più questione di categorie sociali, di nicchiette in cui di volta in volta ci confronteremo con altra gente che si produrrà solo in commenti sull’impatto dell’ultimo film di Nanni Moretti trascurando quello dell’ultimo video de Il Pagante (e questo è facile), ma anche trascurando quello dell’ultimo Fast & Furious (e anche questo è facile) però arrivando a una selezione tale per cui in alcune cerchie sembrerà aver avuto un grande impatto l’ultimo Moretti, in altre l’ultimo Wes Anderson – e questo è un po’ meno facile.
    D’altra parte, anche i media stanno facendo l’errore di ritenere che gli argomenti che finiscono su twitter siano trasversali, quando invece sono l’espressione di due-tre nicchione già autoselezionatesi al loro interno (bimbiminkia, tifosi, snob tranchanti), e diventate capaci di tollerarsi solo perché si ignorano.

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