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Polemistan, cap. VIII. Le migliori polemiche del dicembre 2017

Apriamo con le roi, der König, MiticoVasco, re d’Italia anche nel 2017. Quindi, ecco già il tour del 2018, 9 date a giugno, tutte negli stadi; i prezzi, per il prato sono 78 euro a Torino come a Roma come a Messina (a Bari, non so perché, sono 72). A Roma però già una delle due date è esaurite e rimane il biglietto Tribuna Mario Centrale-Vip Party al costo di 234,68 euro. Beh, se uno è un vero fan, non può sottrarsi, però i fan si chiedono (sommessamente, per non far scoppiare realmente la polemica): “Ok, ma cosa succede nel Vip party?” Mi incuriosisco anch’io e trovo su un Forum una discussione sui biglietti Vip Party del 2015: “è un biglietto acchiappabischeri”, scrive un fan (un fan! Non io! Io, giammai!). Un altro spiega: “Ricordo Vasco al Moon and Stars a Locarno, avevo 2 biglietti VIP vinti ad un concorso alla Radio…be prima del live, ci hanno fatto incontrare tutti i musicisti dietro le quinte per 15 minuti + Vasco 5 secondi di numero, un po’ scazzato ci ha fatto 1 (e non 2 …) autografo a testa…In totale saremo stati 20 persone con il pacchetto VIP…diciamo che ne é valsa la pena..” Io, come voi, sono fan di MiticoVasco quindi penso che faccia benissimo a spillare tutto quello che può ogni anno – quello che mi incuriosisce è una cosa: che diavolo se ne fa dei soldi? E poi, chissà qual è la sua banca. Chissà se ha investito in obbligazioni. O in supermercati in Lituania come Bono. E a proposito.

Bono intervistato da Rolling Stone Usa dice tante (troppe) cose, e tanto per rimarcare una spettacolosa capacità di fare pasticci a ogni singola mossa, spara sull’America. Al che con subdola astuzia, l’anziana e americanissima rivista fa il titolo clickbaitante su un suo commento molto ma molto incauto in questa fase della civiltà occidentale, ovvero la sua convinzione che ad andare per la maggiore oggi sia “una musica da ragazzine”.

Ah, come mi sento invitato a sponsali.

Va beh, è un commento blandamente misogino ma penso di capire cosa volesse dire. C’è stata una grande fase in cui una “musica per ragazze” (grandi, non ragazzine), viscerale e immaginosa, ha scosso il bolso maschilismo della musica pop e rock, ma è chiaramente alle nostre spalle; il pop svedesizzato che esercita la sua cruenta tirannia nelle playlist è fatto della sostanza di cui sono fatti i lucidalabbra, cambiano (e neanche tanto) solo le pettinature delle interpreti. Non è nemmeno un caso se la “musica da ragazzini” che le si contrappone è un hip-hop così pieno di tonteria machista che quando un Coez o un Fedez o un Gomez o un Chavez fanno il pezzuccio romantico, sembra che Arthur Rimbaud sia arrivato in città. Veniamo perciò a un vero maschio.

Josh Homme. Durante un concerto delle Queens of the Stone Age a Los Angeles, dopo aver dato dei ritardati agli spettatori e insultato gli headliners (“Si fottano i Muse!”) (…so cosa state pensando), ha incoraggiato la platea a insultarlo, poi a denudarsi – insomma non sapeva più cosa fare per rendere la serata frizzantina, finché non ha tirato un calcio in faccia a una fotografa che stava a bordo palco, sbam. Indi, ha concluso il concerto aprendosi un taglio sulla fronte con un coltello, in modo da sanguinare a cascata per il resto dello show. “Sono stato un vero coglione”, ha poi dichiarato contrito in un video (no, Josh, non dire così). Tra le discussioni osservate nella mia e forse pure nella vostra TL, la cosa che non è emersa è che – giusto per tornare alla musica da ragazzine – mi sono ritrovato a pensare che nessun rapper e nessuna popstar maschile (Bruno Mars? Pharrell? Sheeran? Timberlake? Styles?) potrebbe fare qualcosa del genere oggi. In compenso, non mi meraviglierei di vederlo fare a una Miley Cyrus, una Selena Gomez, una Kesha (poverina) e persino una Taylor Swift (“Guardate cosa mi state facendo fare!!!”). L’esibizionismo, la provocazione, forse sono diventati parte del corredo “girlie” anche loro.

Perlomeno al centro dell’Impero. Laddove qui, dalle nostre parti, sono arrivati i Maneskin. Pare che il loro tour sia in odore di Beatlemania. Forse c’è voglia di oltraggiosità – al che viene in mente quella puntata in cui gli autori hanno costretto Damiano a dire che il suo punto di riferimento era il patatone James Arthur, altrimenti gli avrebbero sottoposto a waterboarding il pellicciotto.

Visto che mi parlavate di X Factor. Polemiche per la vittoria di Lorenzo Licitra, quello più spendibile all’estero, sembra i tre del Volo ma da solo, eccetera eccetera. Ma soprattutto, polemiche perché si accusa di tale vittoria il voto del pubblico “in chiaro”, quello che ha visto la finale sul digitale terrestre (su 8) invece che su Sky. Ovvero, i cafoni che, non pagando l’abbonamento alla pay-tv, rivelano la loro appartenenza all’Italia ignorante. In fin dei conti però è bello che esista un’Italia ignorante cui dar sempre la colpa perché le piacciono le cose sbagliate e tiene alla Juve e vota male. Io personalmente sono contento esista, mi permette di sembrare uno che la sa lunga. Ma ecco un fulmine su Sky e tutto il glamour che ci fa annusare: Siae dice che da luglio “Ha smesso di pagare ogni forma di diritti d’autore”.

Ma come, così? Come una qualsiasi discoteca del bresciano? “Sky al momento preferisce non commentare”, riporta Renato Franco del Corriere della Sera il 20 dicembre. Un comportamento inspiegabile per una rete che può permettersi un opinionista come Massimo Mauro, che vale tanto oro quanto ne prendeva da giocatore per schiantarsi a terra non appena entrava in area di rigore.

(ah, comunque non dimentichiamo le polemiche perché emergono vecchie foto in cui Licitra sembrava uno sfigato)

Piccole polemiche invece per Rollinston Italia, che mette a capo del suo “mondo web” (espressione che a me ricorda “il mondo beat”, per la cui sorte si preoccupava Celentano) la reginella dei gossip, la quale subito evoca “Lester Banks”, creando putiferio sul mondo web medesimo. Dopo di che, come prima mossa, chiama a corte uno che pur avendo una certa età e dopo aver campato di biografie di Elisa ed Eros Ramazzotti, oggi inizia gli articoli con il proclama: “Sucate”.
(voi magari direte che sembro uno che rosica) (se qualcuno lo pensa si accomodi, non ho nulla da dire se non quello che dicevano gli imperatori Ming: nel mio celeste impero non v’è mancanza di nulla) (e poi, raga, da quelle parti obiettivamente ho già dato)
In realtà la reputo una polemica priva di presupposti: insomma Rollinston non è una testata musicale, è una roba che cerca – giustamente – di posizionarsi come un’agenzia di rating del successo, di essere accreditata tra gli Standard & Poor che ci dicono se lo hype del pupazzone o della pupazzina è solvibile o no. E per sollevare il bailamme necessario a quel posizionamento dagospiesco non riesco a immaginare due firme migliori dei due succitati. Se davvero vi interessa la musica, credo che Repubblica se ne occupi più di Rollinston, non so se ho reso l’idea.

Se siete arrivati fin qui, non posso non premiarvi con il console onorario di Polemistan, Marco Castoldi da Monza. Mentre la sedicente rockstar mette all’asta alcuni suoi oggetti di fragorosa insulsaggine dicendo che vuole divorziare dal suo passato, la divorziata Asia Argento gli fa pignorare la casa perché dal marzo 2011 Morganetto non pagherebbe gli alimenti dovuti per la figlia. “Chiedo rispetto a chi mi disse ti amo”, si strazia il Poeta. “Sono una madre single in difficoltà finanziarie”, rimbalza Asia. “Nostra figlia merita genitori che volino alto”, gorgheggia lui. Voi capite che Albano & Romina ne escono come Sartre e De Beauvoir. A proposito, nessuno ha ancora pensato di demolire Sartre per certe sue abitudini con le studentesse? Guardate che mica possiamo aspettare che lo facciano i giornali americani, quelli non sanno nemmeno chi fosse.

Giusto a fine anno, polemiche perché il Comune di Bologna eroga 5000 euro a Calcutta per fare una playlist d’auteur per San Silvestro. Lo sgomento si diffonde nel mondo indie – ma non è che poteva fargliela gratis, dai, non credo siano così amici. In ogni caso a me piace pensare a Calcutta nelle vesti di Maestro Canello, con Brigittebardòbardò e Meo amigu Charlie Brown che partono già alle dieci e quaranta dopo i primi tre pezzi raffinatissimi. 

Vorrei concludere con un botto, invece concludo con Sanremo. So già che non dovrei parlarne. Già mi irrita di suo – ma quest’anno ci sarà pure la Hunziker. L’unica cosa peggiore che riesco a concepire è che lo conduca Salvini e che i novanta concorrenti siano tutti Federico Zampaglione. Sta di fatto che in uno dei tanti, accattivanti video promozionali Rai, in un siparietto tra Fabio Fazio e Claudio Baglioni il primo informa il secondo che i giornalisti in sala stampa gli faranno “Sempre solo le stesse domande”. Alcuni milioni di accreditati si offendono: loro paladina è nientemeno che Paola Ferrari, in Rai forse persino da più anni di Fazio: “Carino! W la storica Sala Stampa del Festival“.
Già, W, W.
E W anche i convocati del c.t. Baglioni. A guardarli è difficile distinguerli da quelli che avrebbe potuto chiamare Carlo Conti. Però a ben guardare, ci sono tre cose interessanti e di tendenza. La prima, tutti quei Pooh. La seconda, tutte quelle joint-venture, le partnership tipo Ermal Meta & Fabrizio Moro, Roy Paci & Diodato, Avitabile & Servillo, Vanoni & Bungaro & Pacifico. E la terza, anch’essa in linea con la moderna discografia, sono tutte quelle reunion. Le Vibrazioni, Decibel, Elio & le Storie Tese

Ah, a proposito di Elio.

No, niente.

2 Risposte a “Polemistan, cap. VIII. Le migliori polemiche del dicembre 2017”

  1. negli usa i biglietti vip sono abbastanza la normalità… costano uno sproposito, hai più spazio vicino al palco, lounges, cabanas, bagni più fighi, cocktails bar, hostess. gazebo per maggaggi e yoga, wifi, cellulari in carica custoditi, robe così. lo status vip sta nel fatto che te lo puoi permettere.

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