AMARGINE

Marginalità. Stagione 1. Pilota.

(ho tempo per guardare Empire?) (e per guardare Michelle Obama che balla Uptown funk?) (e Carmen Consoli da Cattelan?) (o Madonna da Fazio?) (dove NON ha parlato di stupro) (che in ogni caso, ho tempo per meditare su Madonna che dice a Howard Stern che non vale la pena denunciare gli stupri – laddove i suoi fan contestano i giornali: “Non è quello che voleva dire”?) (Ho tempo per la sentenza su Blurred lines e per i tanti articoli che dicono “Sembra giusto, ma è sbagliato”?) (Posso realmente trovare il tempo per avere aspettative su M.I.A. e su Bjork?) (Ho tempo per De Gregori che annuncia un concerto-evento per Rimmel, con ospiti prestigioni – Malika Ayane, Caparezza, Elisa, Fedez e altri ritornelli che piacciono ai giovani?) (per parlare poi subito dopo del South by Soutwest, con nonchalance, furbettamente accostandolo alla notizia di prima?) (quando invece non mi frega granché neanche del South by Southwest?) (ho tempo per Obama) (Barack, stavolta) (che dice che Kanye West gli piace, ma non è vero che gli telefona – non ha il suo numero?) (E per Azealia Banks sulla copertina di Playboy?) (vestita) (ho tempo per tutto questo pop che ci circonda, e che probabilmente vuol dire solo una cosa, ed è SIETE CIRCONDATI?)

La PFM comunica che dopo 44 anni Franco Mussida lascia il gruppo perché ha altro da fare.

Dice lui. “How come Apple can hook us with “Making Of” videos and we don’t even do this in the music industry. Apple is playing to the hard core fan, because that’s who spends the lion’s share of the money, that’s who the evangelist is. The hard core fan watches all the bootleg videos on YouTube, you can cut off the flow of information, but only to spite your face. Why can’t we learn how Pharrell wrote “Blurred Lines” without him having to testify in court?” (Bob Lefsetz)

Dico io. Forse però Pharrell (e Madonna, e Jay-Z, e Rihanna, e gli One Direction, e Bob Sinclar, e Dave Grohl e Fabri Fibra) non vogliono realmente che noi vediamo il processo creativo tipo i Beatles in Let it be (con i fantastici momenti in cui Harrison e Lennon bistrattano McCartney che sta tentando di tenere insieme il gruppo). Vedere il processo creativo di una canzone oggi è come assistere alla nascita di una torta PanDiStelle. Mangiarla la mangio, ma non credo sarei felice di vedere come viene prodotta.

Ho visto cose. Inizialmente pensavo che la colonna sonora di House of cards fosse del solito Mark Isham – “C’è una tromba, sarà lui”, ho pensato, seduto su un picco di perspicacia. Invece è di Jeff Beal, 51 anni, venuto dal jazz, poi accasatosi nelle colonne sonore. Ha firmato Rome, Ugly Betty, Monk. Cose che non hanno niente in comune (sia a vederle che a sentirle). Il mio preferito tra i temi di House of cards non è la sigla, ma il tema I know what I have to do, sembra una cosa della Windham Hill andata a male, un pezzo tipo Philip Aaberg invecchiato e diventato cattivo. Il che mi fa pensare che la Windham Hill è morta da anni e nessuno la rievoca mai, neanche come babau. Nel 2016 sarà il 40ennale della fondazione. Me lo segno.

Pezzi che voglio scrivere. 1) “Avete rotto con ‘sto punk” 2) “La turbante storia di Frankie Goes to Hollywood” 3) “Windham Hill e altre cose che forse sono musica” 4) “La pioggia è uno stato d’animo, ovvero il meteo nella canzone contemporanea” 5) “1995, la Restaurazione nel pop italiano”. Ehi, avete richieste?

Ho già scritto troppo.

E d’altro canto. “Mi accorgo che adesso, che le parole non pesano e lo spazio a disposizione è illimitato, gli articoli sembrano dei tweet. L’attenzione è calata, sia di chi legge e sia di chi scrive, tutti devono andare velocemente, perché tutto ciò che li circonda si muove di conseguenza”. (Paola Zukar, discografica hip-hop, intervistata da Vice)

Io di qua, io di là. Qualche settimana fa ho parlato con The Magician, dj belga, che ha miracolato Lykke Li (I follow rivers) e ottenuto un discreto successo personale con Sunlight, ispirata da Robert Wyatt (che dopo la sentenza su Blurred lines, forse sta facendo un pensiero a quanto può ispirarlo quella ispirazione). Beh, gli ho detto che la sua versione del pezzo dei Clean Bandit – quello con gli stupidi violoncelli – mi piaceva molto perché aveva levato gli stupidi violoncelli. “Sì, anche per me erano troppo melodrammatici. Strano, però. Tu sei italiano. Agli italiani, piacciono le cose melodrammatiche”.

NON SO, NON CAPISCO, FORSE NON VOGLIO CAPIRE, FORSE D’ALTRO CANTO DOVREI: “L’11 marzo esce l’audiolibro “AMERICA” di Franz Kafka letto da Francesco De Gregori (edito da Emons Audiolibri in versione integrale nel formato 1 CD MP3). Dopo “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, in questo nuovo progetto Francesco De Gregori torna a regalare la sua voce unica a un romanzo, scegliendo un’opera di Kafka, non tra le più conosciute, che ha influenzato alcune delle sue canzoni più belle”.

Sapete cosa? Se dovete andare a correre, il disco di J-Ax è imbattibile.

Segmento senza un nomignolo. Due giorni fa ero all’edicola della Mondadori in Duomo. E c’era Uncut con un numero quasi tutto su Joni Mitchell – intervistati non solo tutti quelli della scena, ma anche gli altri (“Robert Plant racconta perché gli piace Amelia“: come dire, Madeddu arrenditi, SEI CIRCONDATO). 15 euro. Poi c’era Mojo con su i Led Zeppelin. C’era uno speciale di RS Usa sui più importanti pezzi nella storia dell’hip-hop: 20 euro (VENTI). Su Q, i migliori album di sempre. Sì, di nuovo. Non ho comprato niente.

(in un buon episodio pilota bisogna capire da subito i margini di movimento dei personaggi principali)

Io di qua, io di là. Di nuovo. Venerdì sera ho chiacchierato con Niccolò Agliardi. Mi ha fatto vedere un recentissimo video di lui che canta per migliaia (non esagero) di ragazzi in un centro commerciale a Napoli, sapevano tutti le sue canzoni, scritte per Braccialetti rossi. Alza le spalle e mi dice “Però non fanno notizia”. Ha ragione. Perché c’è uno scontro generazionale in atto tra ragazzi e adulti, ed è anche abbastanza feroce, più che in passato – e non è tanto uno scontro sociale, è molto più personale, psicologico. Emotivo. Nonché mediatico. E socialmediatico. Ma vi dò una notizia: stiamo vincendo noi. Alèalè!

“La Swingin’ London? Divertente per quelle cinquecento persone che ne facevano parte, i minatori scozzesi neanche se ne accorsero”. (David Bailey, su Repubblica)

…Perché ci sentiamo molto più interessanti dei ragazzi.

Però non ci provate. De Gregori lo conosco meglio di voi. Posso sfidarvi. Forza, fatevi avanti. Se perdo mi bevo una cosa che ho visto oggi al supermercato, si chiama Mole Cola. Speravo fosse fatta a Torino. Invece ho guardato sulla lattina ed è emiliana, se ricordo bene. Avrei dovuto guardare meglio, perché non la prenderò più in mano. Non può succedere.

Avevo provato anni fa a tenere una rubrica settimanale di notizie, su Amargine.
C’erano troppe notizie. Ogni giorno ce ne saranno state un centinaio. E fondamentalmente erano già state tutte commentate. Ed è così ogni giorno. Fermo restando che nessuno ha la minima idea di cosa sta succedendo.

So Gong. David Aellen dei Gong. Ho sempre pensato che fosse una versione gradevole (anche umanamente) di Frank Zappa. E nel contempo, una versione ilare di Syd Barrett. Però, in costante ritardo di 5 anni su di loro. E con una francesità così esagerata che quasi pareva finta. Ma che cosa dico, la francesità è esagerata per sua natura. La francesità nella musica non conosce sottigliezza. Sottolinea tutto. Chi va per la psichedelia, entro due minuti alza un cartello con scritto “questo è psichedelico”. Chi va per il pop, o per l’esistenziale, arriva col cartello “questo è pop”, “questo è esistenziale”. Però ogni tanto nei Gong si trovano cose. Se avete tempo, provate a cercare Prostitute poem. Se avete tempo, date un’occhiata al testo. Certo che avete tempo – se avete letto fin qui. Comunque, i Gong non somigliano in nulla ai Gang.

(forse in realtà volevo dire delle altre cose. Ma ormai è tardi)

Quindi. “Il rock’n’roll è morto. È una malattia. È una pestilenza. È andato avanti per troppo tempo. È storia vecchia. È meschino. Non sta arrivando a niente, non è che regressione. Suonano rock’n’roll negli aeroporti. Più di tanto non può andare avanti. È una chiesa, una religione, una farsa”. (John Lydon, NBC, 1980)

4 Risposte a “Marginalità. Stagione 1. Pilota.”

  1. Il disco di J-Ax me lo segno. L’ultimo dei Verdena invece è insospettabilmente adatto per la cyclette, induce in una sorta di trance ipnotica e ci si ritrova a pedalare per un’ora.
    (Ma sarà vero che gli adulti sono più interessanti? Da quel molto che si vede della loro adolescenza azzarderei che è stata ben più noiosa di quella attuale, anche se forse il mainstream era di qualità migliore di quello attuale. E adulti che sono stati adolescenti noiosi possono diventare improvvisamente interessanti? Boh. Di sicuro se riescono a vedersi tutte queste cose hanno un sacco di tempo libero.)
    E mi segno anche quei cinque pezzi da scrivere. C’è tempo, aspetto fiduciosa.

    1. Ehi, ho scritto che pensiamo di essere più interessanti. Non ho proprio idea di cosa ci abbia dato questa convinzione.
      PS
      Grazie per la fiducia. 🙂

  2. attendo fremente il pezzo avete rotto co’ ‘sto punk per capire chi sarebbero ‘sti punk che ti rompono che io non vedo un punk in giro dal 1993 e mi sembra un po’ i comunisti di berlusquoni che li vede solo lui ma nessuno riesce a dimostrarne l’ esistenza.
    e dal punto di vista musicale se intendi roba tipo husker du o bad brains o ti riferisci al post punk azzimato e tuttosommato presentabile dei green day.
    bacetti

I commenti sono chiusi.