AMARGINE

Bruce Springsteen e The Streaming Dilemma

DISCLAIMER. Io non scrivo questo per causare alcun tipo di infelicità nei fan di Bruce Springsteen. Penso che Springsteen sia immenso, i suoi fan siano giganteschi, il suo ultimo singolo sia la canzone più colossale in circolazione e il suo prossimo album andrebbe fatto sentire nelle scuole e nelle strade e negli uffici postali.

(siete liberi di non credermi) (ma BRUCE mi crederebbe)

Tutttavia, il nuovo singolo di Bruce Springsteen Letter to you non è entrato nella top 100 dei singoli più ascoltati in Italia. Anche se la canzone, dice Wikipedia.it, “Ha ricevuto elogi dalla critica” – e porta come prove i pareri di Kory Grow di Rolling Stone USA (non lo avevo mai sentito nominare, quindi sono andato a leggere due-tre cose, e devo dire che in Italia siamo pieni di cani illeggibili che meriterebbero più di lui di essere tradotti in tutto il mondo) e di Dylan Jones di GQ (ok, lui lo conosco) e di Sam Sodomsky di Pitchfork (…ditemi che non è uno pseudonimo; se c’è qualcosa di penoso al mondo è uno stupido critico musicale con uno stupido pseudonimo). Nonostante questo, la gente non si è fatta incuriosire.

Il punto è che a quanto pare non si sono fiondati sul pezzo nemmeno i fan del Boss.

(scherzavo. Volevo dire i fan di BRUCE)

Dico questo perché Spotify mi dice che in una settimana il pezzo è stato ascoltato da 1,2 milioni di persone. In tutto il mondo. Non gli sono bastate ovviamente nemmeno per entrare nella top 50 globale. Né in quella, probabilmente farlocchissima, delle hit virali. Una delle nuove entrate più basse nella top 100 italiana FIMI è Lean nel lean degli FSK Satellite, n.78, ennesima ode dislessica trappusa alla codeina nella Sprite, grazie alla quale apparentemente si possono fare esperienze allucinogene (prima tra tutte, apprezzare gli FSK Satellite). Nella stessa settimana in cui Letter to you tirava su 1,2 milioni di ascolti nel mondo Lean on lean ne ha ottenuti circa 600mila, parlo sempre di Spotify, tutti in Italia. Ok, qualcuno anche in Svizzera, toh.

Comunque, il punto è che tutto ciò ci dice delle cose. Tutte insieme. Alcune sono ovvie, una no

– che all’abbonato medio globale di Spotify, BRUCE non interessa molto;

– che gli abbonati medi globali di Spotify sono troppo giovani per ascoltare BRUCE;

– che forse BRUCE piace più agli ascoltatori di Apple Music, che si sa che sono più adulti e meno cafoni di noi Spotifiers;

– che un pezzo come quello di BRUCE non può entrare nelle playlist più diffuse, quelle dove sguazzano per esempio DJ Khaled e Ava Max. o l’attuale n.1 mondiale, 24kGoldn, 19enne #fenomenosuTikTok con Mood (ho paura che qualcuno di voi possa non sapere chi è, quindi ecco una sua foto, in tutti i suoi carati);

– che gli abbonati a Spotify ai quali piace BRUCE potrebbero anche essere mezzo milione, ma non hanno ritenuto di ascoltare Letter to you più di due volte. E non perché siano rimasti delusi, presumo che gli sia piaciuto (come sempre). Ma perché, e questo pare comprovato, tutto il sistema dello streaming premia chi ha dei fan che ascoltano il pezzo dieci volte al giorno (è il tetto massimo conteggiato per le classifiche). Ecco, questa sarebbe Nella Mia Umile Opinione la cosa un po’ meno ovvia. Intendiamoci, anche tra le generazioni pre-streaming esisteva gente che ascoltava un pezzo in loop, ossessivamente. Ma non contava. Che avesse comprato il singolo o l’album o avesse una cassetta registrata da un amico (o dalla radio!), il suo secondo o terzo o decimo ascolto non faceva alcuna differenza. Ora invece la fa. Quindi, viene naturale orientare la produzione su canzoni sempre più brevi che si infilino senza disturbare nelle playlist – sì, amici producers italiani che realizzate beat semireggaeton tutti uguali: qui è il momento in cui potete alzarvi e compiacervi del vostro tocco di Re Mida, grazie al quale trasformate la vostra indifferenziata in organico compostabile.

Ma non siamo qui per questo. Lasciamo perdere e torniamo a Springsteen, che in Italia parrebbe sotto i centomila ascolti presso gli abbonati italiani. Non so perché, ma non me la sento di ipotizzare che i fan di BRUCE abbiano ascoltato il pezzo dieci volte al giorno per sette giorni. Io dico che l’hanno ascoltata cinque volte in tutto, e si sono detti “Bene, non vedo l’ora che esca l’album” (a fine ottobre). E hanno iniziato gradualmente a staccarsi dalla novità. Si sa che gli adulti mancano di costanza. Che Springsteen in classifica non appaia e sia cancellato non solo da FSK Satellite ma persino da Aiello è un dato utile e sensato ma fino a un certo punto.

Comunque sia andata, proviamo però a metterla in un altro modo. Diciamo che venticinquemila fan italiani del Boss comprano il cd o il vinile in arrivo, che questo va al n.1, diventa disco d’oro (esattamente 25mila “unità”) in una settimana. E se quel cd o vinile dovesse costare ovunque il prezzo che annuncia Amazon (17.91 euro IVA nclusa per il cd), si muoverebbero 447mila euro (…avete fatto caso che non sto conteggiando il prezzo più alto del vinile? Quello ci porta agilmente a mezzo milione di euro nella sola Italia). Soldi che ovviamente vanno divisi tra buoni amici – ma io dubito parecchio che un n.1 in streaming muova questi soldi, anche al netto dei risparmi di distribuzione, manifattura, quote del negozio eccetera.

Quindi il punto è che lo streaming si pone come misura di un trend, sul quale poi innestare qualcos’altro. Magliette, occhiali fighettissimi, droghe di lusso, articoli di giornale, campagne di sensibilizzazione per convincere i giovani a imparare l’alfabeto. E anche questa a suo modo è rilevanza artistica, non aspettatevi che io faccia lo snob e la snobbi.

Però il punto successivo è che le classifiche come sono ora – e non è facile pensare a qualcosa di meglio, sono il primo a saperlo – sono la cruda testimonianza di quella che Darwin catalogò come “sopravvivenza del più adatto”.

Se non che, e lo dico quasi per togliermi uno sfizio nei confronti di me stesso e della mia balorda attenzione per le classifiche (una fissa nella quale una decina di anni fa mi trovavo un po’ solo, mentre ora nespole, che assembramento), a decidere chi è più adatto in questo tipo di habitat è sempre meno il pubblico, e sempre meno le case discografiche. A decidere, è il negozio. Anzi, i negozi: quello della palla verde, quello della mela bianca, quello cinese della notina col nasino e presto anche quello del tubo rosso.

Ma a Springsteen cosa interessa? L’ultima volta che è venuto a San Siro nel 2016 ha venduto 104mila biglietti, e i suoi 236 concerti intimissimi a Broadway, a 70-80 dollari a biglietto, sono stati visti da più di duecentomila persone. No, a lui probabilmente non interessa molto, che il suo singolo sia – tecnicamente parlando – un flop. O forse gli spiace, ma se ne farà una ragione (“Time slips away, and leaves you with nothing mister but boring stories of glory days”).

Ma qualcosa mi dice che Ava Max e 24kGoldn non faranno mai concerti per 104mila persone. Non so chi li farà. Ma forse il Covid ha sistemato la questione per sempre.

Okay, tanto vi dovevo. En passant, io The social dilemma non l’ho visto. A che pro? Io LO VIVO! (faccina che esce drammaticamente di scena) (no, la verità è che non ho Netflix) (dico sul serio) (…siamo esseri umani ed esistiamo anche noi, sapete)

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