AMARGINE

TheClassifica 14. Deja vu, appunto

Nuovo strapazzone ai primi posti. Negrita (Deja vu) n.1, Placebo (Loud like love) n.2. Arctic Monkeys subito fuori dalla top ten. L’insulso Avicii (True) al n.4, un gradino sotto Jovanotti. Samuele Bersani scende dal n.1 al n.5. Madonna dal n.2 al n.9. Fedez che esce dalla top 10 dopo sette mesi.
I Negrita, dunque. Che segnale dà al mondo contemporaneo, un n.1 dei Negrita?
(perché mi faccio queste domande?)
Io ho una certa stima di Pau, se non altro per il fatto che una volta ha picchiato di santa ragione un giornalista musicale, che è cosa su cui non ho francamente niente da ridire. Ma finisse qui! Quel giornalista, che all’epoca scriveva per il Giornale Duro e Puro che Rubava al Contribuente, era nientemeno che il futuro opinionista politico Figuccio Fighetti (che anche oggi, tohguarda, scrive su un quotidiano duro e puro). E quindi, anche se la giustizia, questa sconsiderata, lo ha condannato, ebbene, per me Pau is da man.
Premesso ciò, i Negrita, che negli anni 90 erano il rock come potevano concepirlo Aldo Giovanni & Giacomo, nell’ultimo decennio hanno virato verso un approccio meno vorreimanonposso, e più potremanonvoglio. Meno muscolari, meno cliché e più sentimentali. Qualche giorno fa li ho sentiti parlare alla radio con Linus, che notava “La parola rivoluzione ricorre spesso nei vostri testi, vi piace” “Perché non l’abbiamo mai fatta”.
Ma soprattutto, i Negrita sono consapevolmente provinciali. Sbaglierò, ma io l’aficionado dei Negrita me lo figuro come un rocker di provincia, un randa discendente del Vasco Rossi di Fegato spappolato. E lo dico sapendo cosa significa vivere nella sterminata provincia di questo cavolo di Paese che è tutto una provincia. Che poi, non è che chi vive in città sia così sveglio – si parla di gente che ha votato Alemanno e la Moratti. In realtà, alla fine il rock italiano è provincialissimo, non è mai stato un rock urbano: il primo gruppo rock a San Siro sono stati i Negramaro. Mentre la metropoli europea, oh, lei ci ha dato Grignani e Antonacci, Modà e Le Vibrazioni, e quindi, “De che stamo a parla’?”.
(…come dicono nell’altra metropoli, quella dove in pieno 2013 non si parla italiano perché sticazzi ahò, parla’ cafone fa ride forte) (e che di gruppi rock non ce ne ha mai, mai dati) (però cià dato LilloeGregghe, ahò, fanno ride, me sto a tajà)

In compenso i Placebo sono un oggetto di culto insospettato. Ho sempre pensato che se Brian Molko fosse stato per conto suo fin dall’inizio, invece che fare “il leader di un gruppo”, godrebbe di una considerazione molto superiore. Così, è stato come nascondersi. Come far finta di non essere lo strano animale che è, l’ultimo dei decadenti, terminale di una strada che parte dal glam, passa dal punk e porta con sé il maledettismo dolce ma anche un po’ baracconeggiante di entrambi. Il momento chiave della condanna di Brian Molko a vivere nell’epoca sbagliata è stato proporre l’atto più classico del rock, ovvero spaccare la chitarra, nel Sanremo condotto da Raffaella Carrà, tirandosi addosso lo sprezzo tanto dei benpensanti quanto dei troppoavanti. Per non parlare dell’essersi beccati dell’imbecille da Massimo Ceccherini davanti a milioni di persone.
(penso che se capitasse a me rivivrei la cosa rigirandomi nel letto tutte le sere prima di dormire, per tutta la mia vita)
Eppure eccoli lì, al n.2. Non che la cosa possa durare. Però è bello sapere che c’è della devozione per quelli che sono (e suonano) come degli sconfitti.
Tra l’altro nella settimana in cui il nuovo disco di Elton John non riesce a qualificarsi per la top ten.

Bueno, a questo punto uno sarebbe anche indotto a pensare piuttosto bene del suffragio che la nazione sta esprimendo tramite l’acquisto di dischi. Ma è qui che andiamo a sbattere nell’album di Avicii al n.4.
Io non mi sbilancio spesso, su pezzi buzzurri, perché passare per snob, è un lampo. Ma quel pezzo lì, Wake me up, singolo più scaricato per tutta l’estate 2013 (ma senza cattivarsi la nomea di “tormentone estivo”), è di una piattezza aberrante. Intendo dire, datemi mille volte Gangnam style. Come posso vivere tranquillo pensando che tanta gente intorno a me manifesta entusiasmo per un brano com-ple-ta-men-te privo di originalità e personalità, un mix studiato a tavolino tra una dozzinale base unz unz e il country and western alla Mumford & Sons? Un pezzo che insiste, vantandosene, su una delle progressioni di 3 accordi più trite di sempre? Anche il video, 50 milioni di contatti su YouTube, è totalmente privo di sottigliezza manco fosse uno spot della Lavazza. E’ pur vero che per lo spettatore cui è rivolto, persino un film di pugni e calcioni in prima serata su Italia Uno risulterebbe troppo concettuoso. Ma Avicii, amici, è proprio il capolinea della dance.
(cosa resta da dire?) (Jack Johnson che entra al n.17) (no, a chi importa) (altre nuove entrate: Nathalie di Xfactor che entra al n.20) (i Bloody Beetroots che entrano al n.40) (i Virginiana Miller al n.43) (Babyshambles al n.59) (MGMT al n.79) (Nine Inch Nails destinati a uscire dalla top 100 dopo sole tre settimane) (notate l’indifferenza generalizzata del pubblico pagante per la contemporaneità pur proposta in diverse guise)
(ah, ecco, ho trovato come concludere)
Luciano Ligabue ha sei dischi in top 100, e cinque di questi sono o raccolte o live. Suo fratello Marco Ligabue scende dal n.16 al 25. Ah, e c’è un inaspettato scivolone di The Dark Side of the Moon, che tracima dal n.50 al n.67. Gli analisti si interrogano. Io no, ora non mi interrogo, magari un’altra volta, dai, vediamoci però, sì, dai.

 

 

Una risposta a “TheClassifica 14. Deja vu, appunto”

  1. E vedi che ogni tanto ci intendiamo!
    Negrita numeri uno tra gli italiani per distacco e Placebo esseri provenienti da un altro pianeta ai quali purtroppo s’è rotta l’astronave, altrimenti scapperebbero a gambe levate…

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