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TheClassifica 11 – Fanf, fanf

C’è una cosa di cui parlo poco quando mi lancio in questi sermoni sulle classifiche di vendita. E invece è la cosa di cui dovrei parlare in continuazione. La cosa senza la quale, in effetti, tutte le mie parole sono a vanvera. Più del lecito.

(secondo Focus, l’espressione “a vanvera” compare per la prima volta nel 1565 in un testo dello storico fiorentino Benedetto Varchi) (“oggi gli etimologisti sono più propensi a credere che vanvera sia una variante di fanfera, una parola di origine onomatopeica che vuol dire cosa da nulla”) (“fanf-fanf, infatti, riproduce il suono di chi parla farfugliando e, appunto, senza dire niente di sensato”)

La cosa in questione è, semplicemente, il prezzo dei dischi. Che all’interno della stessa top ten varia così tanto, che quasi falsa i dati. Perché l’album di Moreno, che è ancora n.1, costa 9 euro, vale a dire quasi la metà del disco dei Modà, che (a conferma che ogni nostra speme in questo Paese è riposta a fanfera) dopo 22 settimane è ancora al n.7.
Il disco al n.2, quello di Max Pezzali, ne costa 17. Quello di Fedez, terzo, ne costa 10.

Sembrerebbe di intravvedere un trend, vero? Dischi per tasche giovani, costano meno…
Mmmh. Non del tutto.

Perché se è vero che Jovanotti (n.4), Daft Punk (n.6), Muse (n.9) costano tanto, e si rivolgono evidentemente a chi ha più di 20 anni (a esser generosi), è anche vero che gli One Direction (diciottesimi) ne costano 17 così come Rihanna (n.84); Marco Mengoni (n.8) ne costa 16, come i Daft Punk (sesti) e gli Strokes (hahahaha!). Curiosamente, il più costoso dei cd che ho visto in vendita stamattina (in uno di quei posti dove si fanno le rilevazioni per la classifica FIMI) era quello degli Editors, 19 euro per sentire gente che da dieci anni insiste che ha il cuore straziatissimo, e sono dolentissimamente – e rapidamente – usciti dalla top ten (dal n.9 al n.24). Gué Pequeno, che chiude la fatidica diecina, ne costa 12. 
Anche i dischi degli altri Amici di Maria costano pochissimo: Greta (n.16), addirittura sei euro; Verdiana (n.65), 7 euro.
Insomma, è evidente che quando il discografico è sicuro di vendere, picchia durissimo. Sa che gli hipster si butteranno sugli Editors a qualunque prezzo, e li fa pagare 19 euro – ma sa anche che i musoni non conquisteranno altre fasce di pubblico abbassando il costo del prodotto a 12. Quindi, castiga il sensibilismo del terziario (e fa bene, yuk!, yuk!). Se viceversa il suo interesse principale è che il cd si diffonda (come un virus, sì) anche senza guadagnarci tantissimo, abbassa il prezzo. Il che ci fa pensare un bel po’, su quali dischi i discografici vogliono realmente vendere.

(pausa per riflessioni complottiste) (fatelo durare quanto volete)

Oltre a ciò, sarebbe interessante avere la classifica del box office, e scoprire che Jovanotti in un giorno porta alla Universal gli stessi soldi che le porta Moreno, anche vendendo la metà di lui. Perché alla fine, se Max Pezzali costa cinque euro più di Gue Pequeno, ecco, allora sì, d’accordo il grande momento del rap italiano e blablabla, ma possiamo davvero dire che il rap “vende di più”?

Eziandio, non c’è nessuna new entry in classifica. Cioè, c’è Jay-Z che entra al n.23, e fa meglio del capolavoro di Kanye West, incensato da ogni critico (tranne che da…) (oh, ma chevvelodicoaffare) che era entrato al n.40.
Come vedete, oggi non c’era molto da dire. Forse. Probabilmente ho semplicemente menato il can per l’aia. Sapete da dove viene questa espressione? Ah, quella lassù nella foto sarebbe Greta.

2 Risposte a “TheClassifica 11 – Fanf, fanf”

    1. Non ho detto questo. In effetti da qualche parte ho scritto che dopo Magna Charta rivaluto Yeezus. Ma neanche tanto: per me rimane una non strettamente necessaria e aggressiva variazione sul tema dell’egolatria. Poi che io stia molto male, è sotto gli occhi di tutti – ma cerco di farlo con dignità e senza arrangiamenti industrial.

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