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Negramaro, ovvero: alle prese con un verde coniglio – ClassificaGeneration, cap. X

Classifica FIMI dei sedicenti album: i Negramaro debuttano al n.1 in classifica con Amore che torni mentre Cristina D’Avena cede il primato ma non il n.2, ragion per cui Max Pezzali entra al n.3. Gianni Morandi centra la top 10 con un po’ di fatica (n.8), mentre le raccolte coi duetti di Ramazzotti e i motivetti degli Afterhours falliscono l’impresa.
Tra i presunti singoli, La musica non c’è di Coez non molla nemmeno di fronte all’assalto del beniamino del WEB, l’ineffabile Shade con Irraggiungibile (n.2) e di Madman con Trapano (n.3).
 
Quindi, Negramaro. Qui si va sul personale.
 
Personalmente mi generano un senso di fatica fisica, ma confesso che lo scrivo con una certa cautela. Perché tanti anni fa, per averli ricoperti di strali in una certa misura fastidiosi
(in quanto compiaciuti. Ero convinto di essere l’unico critico simpaticone d’Italia. E all’epoca dei fatti, cioè nel 2005 all’indomani del decollo inarrestabile di Mentre tutto scorre, non ne circolavano tanti)
fui accusato di snobismo su una rivista dal piglio alternativo, da parte di uno dei primissimi blogger. Non era ancora così diffusa l’accusa di spocchia contro chi non provava un guilty pleasure per quella o altre canzoni enfatiche, popolarone e piene di ONESTÀ! ONESTÀ! ONESTÀ! (…dopo tutto non si sapeva ancora quali depravazioni del nostro pop fossero in agguato negli anni successivi).
Francamente il figuro scriveva come un peraltro utile quadrupede da fattoria e spero che la vita ne abbia fatto strame, ma devo ammettere che mi fece pensare. Era una delle prime volte (beh, non l’ultima) che uno mi insultava pubblicamente perché irridevo artisti per cui aveva simpatia. Con l’avvento dei social la cosa divenne poi più comune e meno sconcertante. So che alcuni tra voi – come del resto qualche colossale idiota a Vice – mi associano a un recente incidente con Elisa (che è molto Negramara a sua volta) ma non è stato davvero niente di che, rispetto a precedenti faide coi fan di altre star più importanti – su tutte, MiticoVasco, che con beffarda sagacia mi additò ai suoi discepoli sulla sua nascente pagina facebook. Ma lui è MiticoVasco ed è il numero uno, quindi anche quando ne scrivo male ha ragione lui (oh, su questo non transigo). E di una cosa sono certo: se ne scrivo male (errando!) non è per snobismo. Anzi: tanto me ne sono pasciuto in gioventù, che gli snobismi me li ha levati lui a forza.
Ma allora i Negramaro, che ora sono al numero uno ma non reputo dei numeri uno? Perché mi dispiacciono, nel senso proprio del dispiacere, che è ciò che provo quando sento le frasotte che i loro fan ritwittano ispirati in un turbine di cuori, quando nel singolo Fino all’imbrunire mi sento dire che gli uccelli mi diranno come volare per raggiungere orizzonti al di là del mare – e a dirmelo con incerta vocina infantile ma con la tracotante dolcezza dei cuori puri è M.S., nipotina del cantante?
 
Beh, non lo so. Ma ho provato a capirlo parlando con il cantante medesimo, due anni fa.
Non rammento se la seguente intervista fu pubblicata, fu una delle ultime che feci per Rollinstòn che in quel periodo era piuttosto incline a non uscire. Sicuramente non si trova online, quindi colgo l’occasione per riciclarla qui: lo faccio come esercizio di espiazione per il mio snobismo.
(…ehi, per il vostro non so cosa fare)
 
Chi scrive, come si suol dire, non è mai stato tenero coi Negramaro: è giusto premetterlo subito con chi legge e con l’intervistato, Giuliano Sangiorgi. Ma tale è l’importanza che il frontman della band si è guadagnato presso il pubblico e nella canzone italiana (Celentano, Jovanotti, Mina, Elisa, Battiato, Baglioni: i nomi più pesanti della nostra musica hanno collaborato con lui) che vale la pena parlargli, cercare di capire cosa significa la musica per lui e cosa i Negramaro vogliono fare dall’alto del successo conquistato. Lui peraltro, anche chi non è tenero con lui potrà notarlo, dà risposte piuttosto significative.
 

Lo devo premettere: come si suol dire, non sono mai stato tenero con te.
Va bene. Sei onesto come cerchiamo di esserlo noi. Ognuno è libero di criticarci, ma faccio notare che non abbiamo mai cercato di ammiccare o fare musica alla moda.
Ora che mi ci fai pensare, è anche vero, certo non siete la definizione più ovvia di pop italiano. Però un certo gusto per un rock enfatico l’avete creato voi. E non ha avuto buoni epigoni.
Non abbiamo mai prodotto un disco in sintonia con l’epoca, perché credo sia la sostanza a fare l’estetica, e noi per raccontarci puntiamo alla sostanza. Credo sia per questo che i nostri pezzi riescono a durare. Senza nulla togliere alle canzoni che colgono il momento. Non si tratta mai di canzonette. Anche quando sono leggere, contengono delle verità, magari anche in un piccolo dettaglio.
Condivido, ma insisto con il rock enfatico. Ti piacciono i Modà?
(non risponde)
Okay. Perché canti sempre in modo così straziato?
Non direi. Non ho mai scritto cose tristi e non canto in maniera triste… Casomai irruento. Ho una malinconia di base ma è ciò che spinge alla ricerca della felicità. Non ti ci portano una stupida allegria né la rassegnazione. Come cantavo in Estate, la posizione perfetta è in bilico: una tensione ideale, di perenne ricerca interiore per apprezzare la felicità che sta arrivando. Quanto al canto, non pensavo di fare il cantante ma il rapper: il mio primo disco fu Don’t believe the hype, Public Enemy. Mi sono ritrovato a farlo io ma sto ancora aspettando che i Negramaro trovino un cantante…
Nonostante la tua visibilità, non mi pare che tu sia visto come grande comunicatore. E anche se ora, personalmente, non posso negare che tu sia disponibile e gentile, non penso che tu pubblicamente passi per “simpatico”. Ti sei mai posto la questione?
Vivo serenamente ciò che faccio, faccio quello che mi piace, lascio parlare le canzoni. Credo che la musica non debba avere la faccia di chi la fa. Quando ascolto De André non mi chiedo se era simpatico o umile, sento quello che voleva dirmi. Chi ci segue sa che sul palco gioco, ma forse chi ci vede da fuori non lo può cogliere. Francamente mi imbarazza molto ragionarci…
Scusa, so che sto usando una certa franchezza brutale. La uso un’ultima volta, ora: tu canti spesso il meteo. Nei testi sono frequenti nuvole, pioggia, vento.
Non è una cosa che cerco, se si riaffacciano è perché c’è continuità tra quanto sento dentro di me e quanto cerco fuori di me, un dissidio tra la carne e il cielo e le nuvole: ognuno di noi è in tensione tra fisicità e slanci più eterei.
Per quanto riguarda la musica, hai una progressione di accordi preferita?
Mesi fa leggevo un saggio sulla perfezione dell’accordo di La maggiore. Ho notato che ne ho cantate molte in quella chiave e non so perché. Forse perché è la nota del diapason, un vibrare dell’anima quasi ascetico.
Pensi che i Negramaro abbiano affinità elettive con qualche gruppo straniero?
Penso che abbiamo un nostro suono. Certo, c’è chi è più simile al nostro modo di sentire, come Jacquire King (Kings of Leon, Tom Waits, Josh Ritter) che ci ha mixati a Nashville.
A me sembra che ultimamente stiate andando verso i Coldplay.
A me no…
Nella band siete in tanti, e c’è un leader riconosciuto da pubblico e media. Questa cosa è sempre stata facile da gestire, o avete imparato ad affrontarla col tempo?
Si impara a camminare insieme ma anche a volare, per cui è tutto un equilibrio su pesi che si distribuiscono di volta in volta.
Ma concretamente, essendo in tanti, non potete suonare tutti, in tutti i pezzi.
Ci si alleggerisce se si deve, si plana su ampie distese di serenità, si vola basso quando le nuvole sembrano schiacciarti, per poi risalire col cielo sereno…ops, hai visto? Di nuovo nuvole e cielo, non è colpa mia…ne sono attratto.
Qual è tra le tue strofe, quella per cui la gente stravede, che cita o ritwitta e magari si tatua? In pratica, qual è la tua “La vita è un brivido che vola via?”
Secondo te?
Per me l’apice della negramarezza è “Fermale tu queste cazzo di lacrime”, ma io non faccio testo. Te lo aspettavi, quando l’hai scritta, che diventasse così popolare?
No, però se da un lato mi fa piacere dall’altro mi fa pensare.
Che la gente piange molto?
Probabilmente sì. Ed è significativo. In positivo. Significa un’emozione fortissima, incontrollabile, vera. Quanto ai tatuaggi, mi stupisce in maniera disarmante vedere nostri versi sulla pelle delle persone e penso “Ma se un giorno sbagliassimo una canzone, o facessimo cose che non approvi, cosa faresti? Taglieresti un braccio?” La pelle è così importante per me che non riesco a macchiarla, non ho tatuaggi… Lascio che il tempo si racconti su di me.
Ah, caspita.
In realtà, ho solo una  paura fottuta del dolore, haha!