AMARGINE

Fibra represso, sfogati nel cesso

Sulle prime fa anche un po’ ridere, questa faccenda, l’associazione D.i.re (Donne in rete contro la violenza) che scrive a CGIL, CISL e UIL chiedendo e ottenendo l’espulsione di Fabri Fibra dal Concertone del Primo Maggio. Il reato, aver scritto quanto segue:

“Ho 28 anni ragazze contattatemi scopatemi fibra
e se resta un po’ di tempo presentatevi
non conservatevi datela a tutti anche ai cani
se non me la dai io te la strappo come Pacciani”
(da Su le mani) (…il cui ritornello, tanto per capirci, è: “Tira su le mani se anche tu sei un pazzo”)

nonché quanto segue:

“Sto immaginando la faccia del tuo ragazzo
dietro le sbarre come una testa di cazzo
come quel tipo che è entrato in casa dei tuoi genitori
con una bottiglia di vino e un mazzo di fiori
andando col cappotto verso l’attaccapanni
parlando con la tua sorellina di dodici anni
che è stata ritrovata il giorno dopo nello sgabuzzino
senza vestiti con un taglio nell’intestino”
(da Venerdì 17)
(pezzo che, sempre per fare a capirsi, inizia con “Non ce la faccio più io questa sera mi ammazzo”)

Naturalmente, sullo spessore dei brani si può discutere, eh. Però la presidentessa dell’associazione, di per sé ovviamente meritoria, ha scritto: “L’associazione D.i.re ritiene grave ed inopportuna la scelta di invitare al concerto del Primo Maggio Fabri Fibra, il rapper italiano che divulga nei testi delle sue canzoni messaggi sessisti, misogini, omofobi, e canta l’apologia della violenza contro le donne. In Su le mani alcuni passaggi esaltano la violenza con riferimenti a una dolorosissisima vicenda che scosse l’Italia negli anni ’80 e che contò 16 vittime (i delitti di Pacciani, n.d.r.). In Venerdì 17 canta lo stupro e l’assassinio di una bambina di 12 anni (il delitto di Novi Ligure, n.d.r.) ed esalta azioni violente contro le donne. Si deve porre fine a questi linguaggi che oltraggiano continuamente il corpo della donna e questa è un’occasione per ribadire la necessità di un cambiamento che sia prima di tutto culturale. Nel 2012 sono stati oltre cento i femminicidi. Le donne che si sono rivolte ai centri sono state 14mila: un dato che rappresenta solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in gran parte sommerso e alimentato da una cultura attraversata da stereotipi sessisti, modelli di mascolinità prevaricanti e violenti, discriminazioni contro le donne”.

Ehm. Houston, abbiamo un problema.

Ovvero: davvero pensiamo che i testi – particolarmente deliranti, in questo caso – di questi vecchi pezzi (2004 e 2006), che Fibra difficilissimamente avrebbe eseguito il Primo Maggio, abbiano causato dei femminicidi? Abbiano alimentato le miserabili violenze di maschi contro donne, ragazze e bambine? Quella dell’associazione presieduta da Titti Carrano sembra più una battaglia simbolica, un segnale forte (anche per manifestare la propria esistenza, verso le ragazze che non la conoscessero). E’ un periodo in cui si discute moltissimo di linguaggio, di “messaggi fatti passare”, in politica, pubblicità, musica, vattelapesca. E’ pur vero che la guerra contro i messaggi sessisti e misogini, una generazione di femministe l’ha combattuta persino contro Bella senz’anima di Riccardo Cocciante (“E adesso spogliati come sai fare tu”) e Tanta voglia di lei dei Pooh. Molto meno contro Vasco Rossi (“E’ andata a casa con il negro, la troia”). E le femministe angloamericane si sono scagliate per anni contro i Rolling Stones per Under my thumb (e tante altre) e i Led Zeppelin. Prendiamo proprio questi ultimi: in Dazed and confused, un Robert Plant scottato da una delusione d’amore, ringhia: “L’anima di una donna è stata creata a un livello più basso”. Non c’è dubbio che tanti altri maschi delusi abbiano condiviso questo sfogo. Ma finisce lì. Personalmente ricordo un mio amico, comunista così, come avrebbe detto Carlo Verdone, mormorare distrutto a una mia fidanzata: “Guarda, nessuno è più femminista di me, io penso che voi siate migliori degli uomini da sempre – ma siete tutte puttane!”. E’ una cosa scema da dire? Sì, che diamine. Ma finisce lì. E se non finisce lì, non ci sentiamo comunque di attribuire la responsabilità del femminicidio come fenomeno a una apologia sessista di Robert Plant.

Che poi, il tempo ha complicato le cose, nella musica. Perché non c’è solo il rock’n’roll a esser nato al traino degli ormoni, che si sa, sono politicamente scorretti. Il problema, da Madonna in poi, va oltre: Material Girl è un’apparente invito a offrire il corpo della donna al migliore offerente, proveniente da una popstar che è stata una motivazione per molte donne, invitandole a “don’t go for second best” nella vita. Con Madonna entrano in gioco il messaggio e il contromessaggio insieme. Nella musica degli ultimi vent’anni l’ambivalenza regna sovrana, sia nell’hip-hop, machista e sborone per vocazione, sia nel pop al femminile, nel quale regna una malizia manipolatoria che non si ferma davanti a niente, ed è un filo troppo facile sostenere che la guerra a colpi di tette delle varie Katy Perry e Nicky Minaj sia voluta dai maschi – loro ne beneficiano compiaciuti, ma le prime fan delle sexy popstar sono proprio le ragazze. C’è un livello di fantasia e ironia nel pop che spinge il tutto volutamente, da sempre, verso i limiti, sfidando ciò che è corretto e sensato. Non ci si può fare niente, è così fin dai tempi del sessualmente scorrettissimo jazz. Per questo, l’iniziativa delle Donne in Rete, per come si è manifestata, con il veto invece che con la discussione, ha il sapore di un rifiuto un po’ cieco, la difficoltà di rapportarsi a un linguaggio che richiede interpretazione, la chiusura della stalla dopo che i buoi sono scappati e lo schiaffo morale al più pirlone di tutti, il rapper che mette in piazza senza imbarazzo anche i suoi lati deleteri, in un flusso di coscienza continuo al limite dell’autolesionismo. Fabri Fibra ha dichiarato all’Huffington Post: “La violenza contro le donne ha raggiunto in Italia proporzioni inquietanti. Tutti ne dobbiamo immediatamente prendere le distanze e deprecarla come uno dei peggiori crimini che si possano commettere. Ma il rap come il cinema, racconta delle storie, alle volte crude alle volte spensierate. Spesso le rime e il rap servono per accendere i riflettori dove c’è il buio”. Se ne faccia una ragione: il Primo Maggio a essere oscurato sarà lui.

Una risposta a “Fibra represso, sfogati nel cesso”

  1. Sull’articolo non entro neanche nel merito perché altrimenti finiamo a parlarne e scriverne nel 2034.
    Pero “comunista così” nel film lo dice Brega! 🙂

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