AMARGINE

Classifica Generation. Stagione 2, Episodio I. Siete preoccupati?

Ehi. È passato un po’ di tempo, vero?
Sì.
E non ho altro da dire su questo argomento.

Intro lunga. (…vi tocca, dopo tutti questi mesi senza Thegenerazione)
Ricordate quando c’era sempre chi citava: “Fin qui tutto bene. Fin qui tutto bene. Fin qui tutto bene”. Con ironia ma non troppa, non avevamo ancora sviluppato l’ironiadelweb. E succedeva spesso di sentir dire – o di dire, o scrivere o leggere “Andrà a finire malissimo”. E tutti i discorsi sul vergognarsi di essere italiani. Le brutte cose che pensavano di noi all’estero, buh.
Vi ricordate quanti proclamavano “Qui l’unica è andarsene” “Se vince Berlusconi lascio il Paese”. “Se RIvince Berlusconi me ne vado”. Ricordate la prima pagina del Manifesto? La lucina che si spegneva, e “Buonanotte”. O era Liberazione? O era Diario?
Però dai, non eravamo realmente preoccupati. Compreso chi mormorava “Fin qui tutto bene”. Sfogava il suo piccolo sdegno e poi tornava a sentirsi un gran bel tipo.
Vi ricordate Berlusconi e lo show continuo? Le corna, il kapò, la selezione delle entraîneuse per Gheddafi, il lettone di Putin, le canzoni con Mariano Apicella. Noemi Letizia. Topolanek. I ministeri a certi ceffi da spavento. Calderoli, LaRussa, Castelli, Scajola, Gasparri, Previti. La Meloni ministro della Gioventù – la Santanché no, solo sottosegretario. Che Dagospia la chiamava Santadeché – ah che monellaccio, Dagospia. E ovviamente la Brambilla, la Prestigiacomo, la Minetti, la Carfagna. Vi ricordate quando Sabina Guzzanti in piazza Navona tuonò «Tu non puoi mettere alle Pari Opportunità una che sta là perché ti ha succhiato l’uccello»? Berlusconi Caimano, Berlusconi Psiconano, Unto, Papi, Banana. Una generazione ci è cresciuta.
Eppure dai, potevamo anche essere indignati ma NON preoccupati. Perché fin lì, tutto bene. E poi avevamo deciso che era tutto pop. Tutta una grande chiesa che partiva da Jerry Calà e arrivava a Frida Kahlo. E poi c’erano la scena indie e la scena rap e la scena elettronica, tutte scenose. Inoltre nei momenti bui ci si aggrappava sempre a qualcuno. A uno Zapatero, un Obama. Alla Regina d’Inghilterra, persino. A Emma Bonino, a Nichi Vendola. Ad Agnoletto, a Travaglio, Nanni Moretti, Gino Strada, Veronica Lario, Fiorello. Chiunque, Gesùmmaria, purché soffiasse un pochino contro Berlusconi.
Ma ora, posso chiedervi – siete preoccupati? Dico ORA.
Sì, vero? Eh.
Ma sapreste dire perché adesso sì e prima no? E sapreste dire se in tutto ciò c’entra Alessandra Amoroso?

Situazione. Da settembre a oggi ci sono state 6 settimane, e altrettanti n.1 nella classifica degli album. Eminem, Ernia, Gué Pequeno, Thegiornalisti, Dark Polo Gang, Sandrina Amoroso. Quattro rapper. Per inciso, Ernia è già fuori dalla top 30.
Il prossimo n.1 dovrebbe essere Emis Killa. Ha un instore tour che farebbe frappé chiunque, 21 firmacopie in 14 giorni. Ma non sottovaluto un bis di Sandrina. Almeno fino al 26, quando andrà al n.1 Irama. Seguito da Elisa. E forse da Biondo – lo dico perché nessuno sa ancora quando abbia deciso di andare al n.1 Salmo.

Ma veniamo al dunque. Sandrina Amoroso. Il suo album, a indicare gli anni di carriera, si chiama 10. Al n.2 in classifica c’è Valerio Scanu, che come Gazzelle appartiene al mondo dell’indie. Uso questa espressione, che ho sentito da Alessandro Cattelan quando Gazzelle è andato a pigolare la sua Gazzellità a X Factor, perché è vera: Scanu ha fondato una sua etichetta cinque anni fa, dopo esser stato scaricato dalla EMI (solo nel 2010 aveva vinto Sanremo). Il suo album si chiama (putacaso) Dieci a indicare gli anni di carriera. Al n.3 c’è Cambiare adesso della Dark Polo Gang. Al n.1 tra i singoli ci sono i Maneskin.
Ricapitolando: n.1 Amici, n.2 Amici, n.3 dei rappusi coi Rolex. Tra i singoli, n.1 X Factor.

Ma veniamo al dunque (di nuovo). Sandrina Amoroso (di nuovo). Ho una certa simpatia personale per lei. Più di Emma Marrone o altre Amiche di Maria, incarna l’idea cenerentolesca di quella che non era nata per essere principessa – e invece, guardate! Viceversa Emma Marrone, nata per essere regina, quest’anno ha annaspato (Essere qui, uscito a gennaio, ha finora certificato un disco d’oro. Il precedente era stato doppio platino). Sandrina ha cominciato col prendersi questo numero 1, poi si vedrà.
Che cosa è decisivo, nel voto del POPOLO a favore di Sandrina? La simpatia personale, la lealtà della fan base (la cosiddetta Big Family) oppure l’identità sempre identificabile? Emma, come altre talentesse, ha iniziato a perdere colpi nel momento in cui ha cercato di cambiare come artista, e cambiare gli autori. Sandrina rassicura già nel singolo intitolato La stessa:

«Torneranno le mode, le canzoni d’estate ma io sarò la stessa».

Ed è vero, in dieci anni di carriera, Sandrina ha perfezionato quel manifesto ideologico che nelle edizioni esplosive dal 2008 al 2011
(quando non eravamo preoccupati)
ha fatto lanciare da Amici Marco Carta, Valerio Scanu, Sandrina, Emma Marrone e Annalisa (e soprattutto una generazione di autori che tesse il nulla come gli astuti sarti che cucivano i Vestiti dell’Imperatore) a fissare il perimetro del pop defilippiano. Che intendiamoci, non nasce dal niente, sublima cose che funzionavano benone, da un generico empowerment al femminile allo struggimento negramaresco per il meteo, dall’emulazione della vocalità muscolare e motivazionale della Pausini a quella iperstraziata di Mia Martini. Nel 2018 tra i quindici autori di Sandrina c’è, è vero, il rinomato Cheope Rapetti (figlio di Mogol Rapetti), e c’è anche Paolo Antonacci per il quale la definizione figlio d’arte mi suscita obiezioni di coscienza – ma ben più decisivo è che ci siano Federica Abbate, Dario Faini, Daniele Magro, Roberto Casalino, Federica Camba, Daniele Coro, i soliti sospetti del Mediaset-pop italiano: scrivono praticamente per tutti e il loro magistero consiste prima di tutto nel non far preoccupare chi ascolta con una parola o una nota azzardata. Sandrina di suo ci mette la voce e il personaggio, perché ancora prima delle sue canzoni è lei che il pubblico compra, come ulteriore outsider di provincia che si è sudata l’amore della nazione, ulteriore bruttoanatroccolo che spicca il volo (notate quante favole sto citando oggi, non è nemmeno storytelling, è favolytelling). Ma perché il personaggio risalti, le canzoni devono essere – sostanzialmente – le stesse dal 2008. In questo modo Sandrina finisce curiosamente per somigliare al mondo che l’ha lanciata. Mediaset oggi è identica a quando nel decennio scorso ha fissato, tra Le Iene e la D’Urso, tra i programmi-bettola di ReteQuattro e la bestialità fragorosa dei reality, tra Amici e i tronisti, l’attuale linguaggio del POPOLO. Mentre ai figli del POPOLO ha pensato un’armata di rappusi col Rolex domiciliati presso la major che controlla metà del mercato italiano.
E per ora, non ho altro da dire su questo argomento.

Centenari. Hellvisback platinum, di Salmo, 140 settimane in classifica. Sfera Ebbasta, 109 settimane. The dark side of the moon, 101 settimane. Vascononstop, 100 settimane. Vi pare tanto?
Bicentenari. Tiziano Ferro, con TZN, è da 202 (due. cento. due) settimane di seguito nella top 100. Ora è numero 65. QUESTO è tanto. Nessun album, mai, così tanto in classifica. Siamo a quasi quattro anni di fila.

Miglior vita. In classifica, guidati da John Lennon (Imagine, n.38) solo 4 artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di infrastrutture. Del resto uno dei corollari del nuovo calcolo delle classifiche era far fuori i morti. Di nuovo.

Pinfloi. A foot in the door, raccolta che io non posso che deprecare istericamente (non puoi raccogliere i Pinfloi. Sono loro, seduti sulla riva del fiume, che raccolgono te) guida il drappello al n. 38. Ma la buona notizia è che The dark side of the moon sale dal n.53 al 46, e forse ci indica che il POPOLO pregusta tutto il Money che la pace fiscale farà scaturire generoso (oppure che era in pausa la Serie A ed è stata un po’ una Eclipse). Quando il possibilismo di The dark side sale e il pessimismo di The wall scende (dal n.69 al 78) la lettura del sondaggio è elementare: il pubblico ha fiducia nel futuro e nell’operato del Governo Conte – quindi, di nuovo, chi siete VOI per sentirvi preoccupati? Non dovreste preoccuparvi.

IO, legittimamente, sono preoccupato. Ma ho dei signori motivi, IO.

E non ho altro da dire su questo argomento.

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